Covid 19, Emiliano, ignoranza ed agricoltura
Se abbiamo capito bene, il virus si propaga da uomo a uomo.
Se abbiamo capito bene, il virus si propaga quando una persona “positiva”, affetta cioè, anche a sua insaputa e senza sintomi, si trova in vicinanza, un metro dicono, di altre persone non ancora colpite, le quali, in determinate situazioni, colpi di tosse, starnuti, ma anche parlare a voce alta, possono emettere goccioline di saliva, anche microscopiche e non visibili, contenenti potenzialmente il maledetto virus.
Diventando, a loro volta, positivi e così all’infinito. Ecco perché sono state imposte le durissime norme liberticide, con risultati che pare siano incoraggianti.
Quindi, stando così le cose, se ce ne stiamo a debita distanza, un metro ma anche due, dico io per prudenza, non ci dovrebbe essere alcun pericolo né per se stessi né per gli altri, senza ammazzare la libertà.
Bene!
Nel frattempo, si è propagata un’altra malattia, grave anch’essa, l’ignoranza di una parte della classe politica e non sola (dirigenti e funzionari pubblici ci mettono del proprio). Ignoranza in senso stretto, non conoscenza.
Ignoranti perché ignorano.
E parlo per l’agricoltura, per i lavori agricoli.
Segnalo ad Emiliano ed ai suoi collaboratori che i lavori in agricoltura si svolgono sotto le intemperie o col bel tempo, all’aria aperta.
Segnalo ad Emiliano ed ai suoi collaboratori che, nei vigneti, tra ceppo e ceppo, vi sono almeno due metri.
Segnalo ad Emiliano ed ai suoi collaboratori che negli uliveti, tra albero ed albero, in quelli intensivi, vi sono almeno sei metri. Pure nei frutteti (albicocche, melograni) intensivi specializzati.
Segnalo ad Emiliano ed ai suoi collaboratori che nelle coltivazioni di verdure ed ortaggi le distanze tra pianta e pianta sono minori ma i campi sono grandi, pur nelle microimprese si tratta sempre, almeno, di alcune migliaia di metri quadri.
Segnalo ad Emiliano ed ai suoi collaboratori, infine, che la tardiva e mal fatta ordinanza emanata ieri che consentirebbe a tutti di attendere ai lavori agricoli, non consente teoricamente ( a meno che non sia una istigazione a violarla) di attendere ai lavori agricoli così come le esigenze colturali di ciascuna produzione, in questa stagione di ripresa vegetativa generalizzata ( ci avete chiusi in casa in inverno, ma ora è primavera inoltrata) richiede e pretende.
Pena la perdita della intera produzione e gravi danni agli stessi impianti.
Orbene se le cose stanno in questa maniera, e stanno esattamente così, perché limitare l’andare in campagna ad una volta sola al giorno?
Per quante ore non lo dite?
Ignora Emiliano, magistrato, governatore/assessore alla sanità/assessore all’agricoltura, tutto fare senza conoscere i fondamentali di quei comparti, ecco perché è ignorante, che i coltivatori diretti, gli agricoltori, i pensionati ( che dopo aver donato i terreni ai figli ancora ci vanno a lavorare per aiutarli), i lavoratori di altri comparti che, nei giorni in cui sono liberi dalla loro attività principale, sabato, domenica, che queste persone, e sono centinaia di migliaia in tutta la Puglia, vanno a lavorare per sei, sette ore la mattina, dall’alba all’ora di pranzo e poi al pomeriggio, dopo il riposino, sino al tramonto?
E non può non ignorarlo, poverino, perché da casa sua, centro di Bari, vista mare, non sente i trattori passare.
E noi, pugliesi tutti, legati a doppio filo dall’attività agricola, non vogliamo che al virus si aggiunga la carestia.
Egregio Emiliano, lei deve immediatamente autorizzare tutti, ma proprio tutti, con le stesse modalità di tempo normale, a potersi recare in campagna a lavorare senza limitazioni temporali, nel rispetto della distanza interpersonale, prevedendo, semmai sanzioni per coloro che non staranno a distanza di sicurezza tra di loro e sanzioni anche a carico dei datori di lavoro.
In attesa di poterci liberare.
Di Lei.