COME PARLARE A UN PEZZO DI CRETA intervista all’artista Pino Lacava che ha partecipato al Festival Téléperformances di Nizza
Serate di apertura: giovedì 7 e 14 maggio alle 17:30
Questo evento si è svolto in due sessioni di 4 e 3 giorni, dal 7 al 10 e dal 14 al 16 maggio 2020: opportunità di incontro in streaming attorno alle proposte e ai contenuti più diversi, per continuare a condividere nel contesto attuale, ma anche per invitare artisti e studenti il più ampiamente possibile da tutte le scuole d’arte in Francia oltre.
Perché ha scelto un pezzo di creta squadrata che poi hai torturato per farlo diventare forma?
Torturato??? (ride). Più che torturarlo l’ho accarezzato, è il mio modo di avere il contatto forte e diretto con la materia, in questo caso un pezzo di creta. A ben vedere la performance, il mio sentire è espresso con l’abbraccio e il bacio alla creta che mi aiuta e ci aiuta a tirar fuori i disegni della mente e del cuore. La creta, questa materia elastica che mi fa tornare in mente le manifatture degli uomini del neolitico. E come non accarezzarla!!! (ride)
Questa forma cosa vuol essere all’occhio di chi guarda?
“Le forme raccontano” così come ho intitolato la terza performance. Raccontano delle genti e delle civiltà andate perdute. Sbattere la creta per poi dare forma ad un’idea. La creta, generosa che risponde compiaciuta in un crescendo di dolcezza nelle mani dell’artista. La forma di un vaso che si eleva strato dopo strato mentre l’artista vede e determina gli andamenti lineare e i dettagli. Affondare le mani nella creta, modellarla, spugnarla, levigarla; la sua umidità, la sua freschezza fa bene alle mani, al corpo e alla mente dell’artista. L’OperAzione è un inno alla materia capace di adeguarsi a una forma pensata, progettata e realizzata.
Tra le tre performance quale è stato il filo rosso che le ha legate tra loro, se legame c’è stato?
Certo che c’è stato un denominatore comune tra le tre performances. Infatti il titolo che raccoglie le tre OperAzioni è: “Come parlare a un pezzo di creta” In Ordine di esecuzione, la prima performance è: “Progetto… giocando, giocando ed ecco un monolite fatto di creta” La seconda è: “Io, faccia a faccia con la creta”Sbattimento della creta. La terza è: “Le forme raccontano”Il colombino. Quindi da questo si evince che c’è il filo rosso conduttore che lega le tre performance. Ma c’è di più. Non prendersi sul serio è il modo migliore per rendere possibile ogni azione efficace e chiaramente espressa. L’ironia è il modo più efficace di rappresentare e rappresentarsi. L’ironia e il gioco caratterizzano il mio fare creativo. L’ironia crea la giusta distanza tra l’opera d’arte e l’osservatore, per vedere di più, leggere di più e capire di più, in altre parole è misura dello spazio tra l’opera e il fruitore. Le mie azioni e le mie opere si manifestano filtrate da un costante atteggiamento ironico e autoironico. Il gioco e un modo sicuro di evolversi in una azione fluida capace di agire senza condizionamenti di ogni genere, è di per sé l’Azione in Divenire.
E per dirla con Schiller: “l’uomo è pienamente tale solo quando gioca” L’Arte è un gioco, ma è un gioco serio.
È così che viene stimolata la creatività, recuperando spontaneità e leggerezza.
VIVA L’ARTE IN OGNI FORMA VIVA LA LIBERTA’ NELL’ESPRIMERSI LIBERAMENTE.
Ringraziamenti:
Mi corre l’obbligo e il piacere di ringraziare Sabrina Del Piano per aver curato tutta l’OperAzione e grazie ad Alberto Vicinanza per essermi stato vicino affiancandomi con diligenza e competenza.
Grazie ad Antonio Monteforte per avermi dato la possibilità di realizzare le performance nella sua bottega di ceramica.