APERTAMENTE. Cari ragazzi di Sistema Museo vi scrivo… di Lilli D’Amicis
Cari ragazzi di Sistema Museo, in tutte le occasioni in cui vi siete impegnati in collaborazioni per varie iniziative, sia personalmente che come testata giornalistica ho sempre osservato con occhio attento il vostro operato, ritenendovi un valore per la nostra comunità. Vi parlo cuore a cuore, con un dialogo pari a quello che farei con i miei figli.
In questa specifica occasione, sembra che il vostro impegno sia stato oggetto di una distrazione, di una banale quanto drammatica dimenticanza. Mi rincresce ammettere che durante la première non siete stati menzionati né ringraziati, eppure sappiamo tutti con quanto entusiasmo vi siete spesi: l’entusiasmo della giovinezza. Sia io che tanti miei coetanei abbiamo iniziato a lavorare con tanto entusiasmo, eravamo all’esordio delle nostre carriere, alla cosiddetta gavetta, quando andava bene con compensi quasi ridicoli, ma spesso gratis, pur di “fare esperienza”, perché qualcuno ci faceva sentire importanti, perché in cuor nostro volevamo dare un contributo, lasciare un segno, volevamo poter dire “c’ero anch’io”. Questo va bene fino a un certo punto, perché quando si ha poco più di vent’anni ci basta la gloria, e un “grazie”.
In questa occasione sembra che il grazie non sia arrivato. Non ho sentito i vostri nomi, non ho sentito parlare di tutto il vostro lavoro faticoso, umile, impegnativo dietro le quinte perché la serata dell’inaugurazione e tutta la durata del XXVII Concorso riuscissero al meglio. È come al teatro dell’Opera: ci sono i cantanti solisti, il coro, l’orchestra e poi ci sono i tecnici luci, i truccatori, i costumisti, i falegnami, i carpentieri… se non c’è chi si impegna dietro le quinte lo spettacolo non va in scena, e neanche le star possono esibirsi e dare vita alla magnificenza artistica che il pubblico si aspetta. Lungi da me dal pensare che vi sia stato negato con intenzione, però sono consapevole per esperienza diretta e sono convinta oltre ogni ragione che un lavoro vada riconosciuto, qualunque esso sia, io amo scrivere spesso con l’#dateACesare.
Sul piano umano siamo tutti uguali, abbiamo pari dignità, e chi si fa grande davanti a noi è solo perché dentro si sente piccolo piccolo. Voi, miei cari ragazzi, per me siete grandi, lo siete sempre stati per quello che fate, ed oggi ritengo giusto onorare il vostro impegno pubblicamente, ponendo rimedio a questa “distrazione” che, percepisco, vi ha creato della sofferenza. A conforto di quello che scrivo, vi invito a rileggere criticamente quanto scritto in questi giorni su Oraquadra: in tutti gli articoli non c’è una sola parola, e dico una sola, che sia di biasimo e di critica nei vostri confronti. Anche quando si sono verificati episodi incresciosi, nessuno di noi vi ha offesi, ingiuriati e/o mortificati. Questo perché intanto non è nel nostro stile, e poi perché non è neanche nelle nostre intenzioni. Noi facciamo libera informazione e ci sforziamo di garantire a tutti il diritto di cronaca, quel diritto all’informazione che è sancito e tutelato dalla Costituzione italiana.
Non vi ha ringraziato nessuno? Vi ringrazio io. Vi ringrazio con affetto, ammirazione, stima, riconoscenza, comprensione. Vi ringrazio tutti, e mi accomiato da voi con un consiglio “da mamma”: non dimenticate mai il vostro valore, non dimenticate di ricordare agli altri il vostro valore, fatevi rispettare ma fatelo sempre con la gentilezza e con il dialogo, perché il vero forte parla pacatamente; il vero coraggioso guarda dritto davanti a sé senza abbassare lo sguardo. In questo modo non solo potrete vivere la legittima soddisfazione per tutto ciò che fate, ma potreste diventare un esempio virtuoso da imitare, una punta di diamante, un sole nelle vostre famiglie, nel vostro ambiente di lavoro, ovunque.
Si può rimanere giovani per tutta la vita, a patto che si rimanga fedeli a se stessi, liberi nello spirito e gioiosi nel cuore.