APERTAMENTE di Alfredo Annicchiarico: “E così, pure questa tornata elettorale è andata”
E, come forse era stato facile prevedere, nessuno dei candidati grottagliesi ce l’ha fatta a farsi eleggere. ( la foto di copertina i risultati dello spoglio di Grottaglie)
È una storia vecchia, anzi antica. L’incapacità di fare “sistema città” ha avuto ancora una volta il sopravvento, lasciando l’amaro in bocca a più di qualcuno. Però, diciamocela tutta: tanti candidati locali, su una base elettorale di poco meno di ventimila cittadini aventi diritto al voto, son stati sin troppi. La difesa del proprio orticello, mixata all’egolatria di qualcuno, ha prodotto un risultato non pessimo, ma triste.
Una comunità che aspirerebbe a farsi riconoscere come “città” in un più ampio contesto sociale ed economico molto difficile, non può permettersi una tale parcellizzazione di offerte. La frammentarietà delle proposte, infatti, non ha fatto altro che restringere la loro probabile applicabilità alla sola cinta urbana, mortificando il significato della stessa competizione elettorale. Nei giorni della campagna elettorale solo poche voci (due, a mia memoria) hanno provato a “demunicipalizzare” le proprie proposte, guardando a quante delle peculiarità del proprio territorio avrebbero potuto “esportare” tra gli scranni del Consiglio regionale, in caso di vittoria.
Si è passati dalle rivendicazioni ovvie – a volte anche pervicaci- agli insulti gratuiti, tanto noiosi che i cittadini li hanno stancamente metabolizzati, seppure in numero sempre minore. È bastato infatti guardare quanta gente sostava sotto il palco dei comizi, o assistere a quelle specie di incontri o convegni ai quali hanno partecipato solo famigliari e affini del candidato.
Perché poi, in fondo, sta tutta lì la faccenda: se oltre a presentarsi in nove, nessuno dei candidati propone qualcosa di nuovo, di entusiasmante, di qualcosa che vada ben oltre il pronto soccorso da riaprire o l’apertura dell’aeroporto, ecco che l’elettore si sente come sbattuto davanti alla proiezione del sequel di un film del quale conosce già il finale.
La rivoluzione copernicana di un set di idee, pronto ad incunearsi tra le crepe di una noia più che ventennale , sofferta da un corpo elettorale in continuo disfacimento (o addirittura in liquefazione), avrebbe però bisogno di candidati nettamente e abilmente “distaccati” dalle varie casate politiche e padrinati che dominano il nostro territorio. Laddove si è pur registrato l’abbassamento dell’età dei candidati, contemporaneamente non si è però assistito alla presentazione di una griglia più “smart” di proposte. I temi sempiterni che vengono tirati in ballo ogni tot di anni sono ormai patrimonio della stanca e delusa elaborazione cerebrale del cittadino elettore, il quale ormai si è rassegnato al fallimento di ogni singola promessa.
Ci si chiede anche perché tanti giovani non siano andati a votare, un autentico paradosso, se ci rifacciamo al concetto prima espresso sull’abbassamento dell’età dei candidati. La risposta sta tutta nel fatto che la maggior parte di questi ultimi, paludati nelle loro onanistiche agiografie, ha rivelato la scarsa portata di un bagaglio di proposte, e a nulla è servito farsi ritrarre in foto accattivanti sui manifesti sei per tre, con sorrisi addomesticati al photoshop, obsoleti anch’essi come i messaggi lasciati qua e là sui social media.
Quindi, per le prossime volte, si consiglierebbe ai candidati di spendere qualche euro in più per affidarsi a spin doctor capaci e ad art director meno proni ai loro ego ipertrofici. Poi, di calarsi nella comunità non come unti del signore, ma come unti dallo sporco della vita vera. Le generazioni politicanti passano, si trasformano, ma non sempre i risultati sono confortanti. Parimenti a tanti può piacere restare i “totocutugno” delle tornate elettorali, perché in fondo è più comodo, ma il cittadino comune ha bisogno non solo di risposte pragmatiche. Il cittadino elettore e contribuente necessita di un sogno, di una visione che vada al di là delle cose trite e ritrite da lustri.
Consoliamoci, però: il professionismo ha sempre bisogno di una sosta più o meno lunga nell’alveo del dilettantismo. L’importante è che quest’ultimo stadio non sia eterno, perché si rischia che il dilettantismo di alcuni candidati vada a trasformare in dilettanti i loro stessi elettori, generando un vulnus imbarazzante.
Il prossimo anno ci attendono le elezioni comunali e queste si riveleranno certamente il secondo banco di prova per alcuni dei candidati a queste ultime regionali. Al netto delle ideologie che ormai sono putrefatte, le nuove proposte saranno accolte benevolmente dai cittadini solo se avranno insite la cultura della performance, e cioè quel salto di qualità che porterà la città delle ceramiche ad essere “sistema” e non terreno di una “guerra tra bande” inutile e mai gratificante.

scrittore