Il dramma dei padri separati e l’alienazione parentale
Sono seduta di fronte a lui, mi guarda. La sua sofferenza si respira nell’aria, è l’ennesimo uomo a cui viene negato il diritto di vivere la paternità. Mi racconta che non vede né sente la sua bambina da più di un anno. Gli viene negato di sapere se sta bene, di passare del tempo con lei, di giocarci, di scoprire il mondo insieme. Avrebbe voluto portarla al mare o forse in montagna, prepararle il pranzo dopo la scuola, rimboccarle le coperte prima di dormire e diventare magari il suo supereroe. Secondo la Giustizia, tutto questo a Marco (n.d.r.: nome di fantasia) è concesso. Anzi, mi correggo. Secondo la Giustizia, tutto questo è un diritto inviolabile di Marco e di sua figlia. Secondo la madre della figlia di Marco, invece, tutto questo non è fondamentale e dunque assolutamente evitabile. L’uomo che ho dinanzi mi racconta di come sua figlia, nonostante la tenera età, abbia sviluppato una sorta di rifiuto nei suoi confronti non perché lui le abbia mai fatto un torto (non gli è stato neanche mai concesso il tempo di poter sbagliare!) ma, semplicemente, perché assorbe discorsi e sentimenti negativi che provengono dalla madre. Nell’ultimo periodo in cui riusciva a vedere la bambina, lei esternava questo disprezzo, ormai fatto proprio, con frasi che evidentemente nessun bambino di quella età sarebbe capace di pronunciare senza stimoli esterni, e inoltre, Marco subiva continue umiliazioni da quella che fu la sua compagna e dalla cerchia di amici e familiari che la supportano in questa scelleratezza. L’arrivo del Covid ha fatto in modo che poi la situazione precipitasse nel baratro. Gli chiedo se assolve a tutti gli obblighi che la paternità comporta e lui, facendo cenno con la testa, mi conferma che mensilmente contribuisce al mantenimento economico della figlia ed assolve comunque a tutti gli impegni a cui ogni genitore è chiamato. Ovviamente, a ciò non trova nessuna opposizione. Ciò che mi colpisce, nel sentirlo parlare, è che sceglie con attenzione ogni parola da utilizzare. Parlando della persona che lo contrappone così fortemente, non utilizza mai termini come “Ex” ma, sempre e solo ripetutamente, “la madre di mia figlia”. Penso, allora, che abbia avuto tanto coraggio e sia stato capace di scindere ciò che è stata la sua relazione da quello che dovrebbe essere il rapporto con la figlia. Egli ha ben chiaro nella mente che quella donna non è solo il suo passato, ma il presente ed il futuro immancabile della figlia alla quale hanno dato vita assieme, per questo è importante mettere da parte rancori e diverbi e posizionare al primo posto il benessere psicologico ed emotivo della bambina. Ma ciò che è chiaro per Marco non lo è per la genitrice.
Purtroppo, la storia di Marco è solo una delle tantissime storie di padri a cui viene negato, con ogni tipo di escamotage, di vedere i propri figli, i quali nel frattempo vengono plasmati dal giudizio negativo delle loro madri (o viceversa). Tale fenomeno, pare, che oggi stia prendendo sempre più largo e prende il nome di alienazione parentale.
L’alienazione parentale è, secondo i Giudici della Corte di cassazione – sentenza n. 26810/2011 – il comportamento del genitore affidatario che strumentalizza il rifiuto del minore di vedere l’altro genitore, impedendone così le visite stabilite dal Giudice. L’alienazione parentale è generata, da una “programmazione” dei figli da parte di un genitore – detto genitore alienante -, attraverso l’uso di espressioni denigratorie, false accuse di trascuratezza, violenza o abuso, riferite all’altro genitore – detto genitore alienato. Il genitore alienante mostra uno stato di sofferenza e il bambino inizia ad appoggiare le versioni fornite dal genitore di preferenza, mostrando, in modo apparentemente autonomo, odio e disprezzo nei confronti del genitore alienato. Il senso di colpa non compare, invece nei riguardi del genitore alienato, che viene considerato come il “nemico” sul quale riversare ogni pulsione negativa. Così facendo, non solo viene distrutto il rapporto fra figli e genitore alienato, ma è anche violato il diritto alla bigenitorialità, il diritto cioè di ogni bambino a mantenere un rapporto stabile con entrambi i genitori, anche nel caso questi siano separati o divorziati, ogni qual volta non esistano impedimenti tali da giustificare l’allontanamento di un genitore dal proprio figlio. Possiamo immaginare come questi comportamenti possano sfociare in conseguenze molto gravi. L’alienazione parentale viene considerata come una vera e propria forma di violenza psicologica che può portare a gravi danni non solo nell’elaborazione cognitiva ma anche alla regolazione emotiva, alla capacità di giudizio, da cui possono generarsi deficit di empatia, narcisismo e mancato rispetto per l’autorità. Il bambino, infatti, per assecondare le volontà del genitore “amico”, non esita a ridicolizzare il genitore alienato con atteggiamenti denigratori, oppositivi e irrispettosi che in altre circostanze non verrebbero mai consentiti. Non mancano, ovviamente, anche le conseguenze giuridiche nei confronti del genitore che non osserva i provvedimenti stabiliti dal Tribunale, pur di non far vedere i figli all’altro genitore, sia dal punto di vista civile che da quello penale.
Ci è chiaro che maggiormente colpiti da tale problema sono i padri. Sviliti e ridotti a meri esecutori di ordinanze del giudice, questi padri, come soldatini, devono eseguire ordini e sottostare ai comportamenti scorretti delle loro ex compagne, pena l’interruzione del rapporto col figlio, come se così fossero solo i padri ad essere puniti, mentre sono soprattutto i figli, in ogni caso, ad essere deprivati della figura paterna. Marco, come tanti altri, lotterà ancora per ottenere Giustizia, soprattutto per la sua piccola. Anche se visibilmente provato, non ha mai smesso di credere che un futuro migliore potrà sempre arrivare. Lui non ha mai avuto un’ascia da guerra, ma solo un’armatura di ferro con la quale difendersi e sotto di essa un cuore grande di papà. Non ci resta che aspettare, allora, che la purezza dei bambini venga preservata e vinca su ogni atto egoistico di noi adulti.