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Testimonianza. Fuori dall’eremo, dal mio eremo. Memorie di un ormai “negativo” che vuole restare positivo

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Posta, nell’attuale congiuntura, che la “negatività” è un valore e la “positività” è un pericolo, in questa inversione semantica io continuo a restare positivo.

Sic et simpliciter.

Da ormai un anno siamo in guerra, anzi in due guerre : una guerra esterna, contro il nemico fuori del nostro corpo sociale che vuole entrare nel nostro corpo fisico, il famigerato coronavirus 19 ed in una guerra interna, all’interno del corpo sociale, tra chi vuole scaricare sui cittadini per comportamenti asseritamente incoscienti – la responsabilità dei numeri alti ( tutti da verificare, ma questa è una altra storia) di contagi e chi vuole scaricare sulle istituzioni la responsabilità della inefficienza a contenere i contagi medesimi.

Da meno di 24 ore sono stato dichiarato negativo, da bi-positivo che ero.

Cominciamo con ordine.

9 gennaio: Panzerottata in casa di congiunti. In tutto 6 – sei -, non per scelta ma per composizione naturale di tre coppie. Parenti prossimi. Anzi, secondo l’insegnamento della cattedra di Istituzione di Diritto Privato di Firenze, prossimi congiunti.

13 gennaio: allarme. Una delle sei persone informa gli altri che un suo collega di lavoro era risultato positivo. Possibile contagio a causa della promiscuità del posto di lavoro.

14 gennaio: tampone molecolare per tutti.

15 gennaio h. 18,oo circa: tutti “negativi” tranne il sottoscritto, orgogliosamente “positivo”. 10 minuti, ma anche meno, per realizzare e metabolizzare l’evento, borsa ed immediato autoesilio all’eremo, in campagna. Non appena arrivato, il tempo di accendere il termocamino per riscaldare la casa ed attacco al telefono ad avvisare tutti gli avvisabili, tutti coloro con i quali mi ero intrattenuto per motivo di lavoro, ma non solo, pur con mascherina e distanza debita – ma anche senza, ma anche coloro con i quali avevo condiviso l’auto per brevi spostamenti di lavoro, mezz’ora o poco più di tragitto oltre al ritorno. Panico degli interlocutori e tutti, ciascuno per conto proprio a farsi “tamponare” ( da gioia dei carrozzieri il tamponamento è diventato gioia dei laboratori). Esaurito il serbatoio della memoria, ecco allora, che fare? Bisogna avvertire chi non ricordo ed ecco, viva i social.

Post sul filo dell’ironia, sfacciato, con tanto di foto tiratamente sorridente e immediata mail di comunicazione all’ASL.

In serata ed in nottata, raffiche di telefonate, anche da parte di numeri non conosciuti e di persone che ricordavano di essersi imbattuti con me, potenziale untore, alcuni dei quali proprio non riuscivo a ricordare.

Altra raffica di tamponi.

E siamo a sabato 16 gennaio. Mi organizzo la permanenza da eremita che cerco di rendere la meno traumatica possibile. Il confort non manca, la legna brucia, casa è calda, il cibo vario ed abbondante e riesco ad apprezzarne profumi e sapori.

Trillo del telefono, amico medico : Mì, hai il saturimetro? Hai il termometro? Ed io, sine ho tutto con me. E allora stamattina com’era ? Ed io, saturazione 99 temperatura 36.7-

Saturazione 99? Ma se a te manca un pezzo di polmone, com’è possibile? Aspè che controllo. No, non 99, 98. Buono.

Così di giorno in giorno.

Al lunedì sera ancora telefonate, rassicuranti. Nessuno dei possibili contatti era stato contagiato. Un grosso sospiro di sollievo. E allora?

Al successivo 19 gennaio telefonata ASL : il 21 tampone alla “ tenda ASL” di San Giorgio Jonico. Comandi! Ci sarò.

Ci vado: domani saprà il referto. In realtà la piattaforma fa cilecca ed il referto arriva dopo 48 ore : arripositivo!!!

Porca la pupazza, allora è vero!!!

Ulteriore tampone per il 28 a domicilio. Mi dica, dov’è ? Come dove sono, ve l’ho scritto nella mia prima mail di comunicazione. Ah, quindi in Grottaglie, alla via ……….. No, ma che dice? Io ho scritto che quella è la mia residenza abituale, attualmente occupata solo dalla moglie in c.d. quarantena fiduciaria; io mi sono confinato in contrada …….. – Se mi da un numero whuatsapp le mando la localizzazione, così evitate di girarvi l’intero agro jonico. No, signore, dovrà recarsi lei alla tenda a San Giorgio J.co. Va beneeee. 36 ore dopo, circa, fine della storia. Negativoooooo!!!!!

Morale della storia :

Devo ringraziare il falso allarme di possibile contagio, solo così ho saputo di essere stato visitato dal cinesino, che è stato buono buono ed innoquo. O quasi.

Senza di quell’allarme me ne sarei andato in giro ad ungere.

O forse no.

In fondo, nei giorni della inconsapevolezza e della prudenza non ossessiva e della vita sociale e lavorativa quasi integra non ho contagiato nessuno. Nessun parente più o meno prossimo, men che meno la moglie con la quale avevo condiviso vita e casa, cucina, bagno e letto compresi, nemmeno mia madre, 92enne, cosidetto soggetto debole.

Nessun contatto di lavoro, nulla di nulla.

Ecco allora che, pur appena reduce dall’avventura, devo insistere a condannare gli inutili allarmismi.

Condanno il terrorismo mediatico e psicologico.

Il non dover vivere per paura di morire.

Il “tutti in casa” per non ammalarsi.

Se proprio devo morire, vorrei non morire di fame. In alcuni casi è proprio quello che si rischia.

La bestia è invisibile, come la morte. Se decide di cercarti ti trova. Non dico di essere fatalista, ma solo tanta, tanta prudenza. Senza paura.

Nessuno evita di spostarsi in auto perché di incidente stradale si muore.

E quindi da positivamente “ negativo”, un messaggio : viviamo, amici miei, lavoriamo, produciamo, agevoliamo la vita nel prosieguo.

Senza imprudenze, con accortezza ma rifiutiamo questo racconto, per quel che mi consta, del virus con motofalce che miete vittime.

In attesa che passi.

Perché passerà.

Buona vita a tutti.

da Cosimo Lombardi, ottimista e positivo “negativo”


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Redazione Oraquadra

La redazione.

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