APERTAMENTE di Sabrina Del Piano. Per favore: non abbattete gli alberi
Il pittore, scultore e performer tedesco Joseph Beuys li piantava per farne opere d’arte che gli potessero sopravvivere, e che tutti potessero guardare, toccare, e vedere anche dallo spazio.
Chi pianta e cura gli alberi sa che sono creature vive. Hanno un loro linguaggio, una loro sensibilità; recenti studi hanno dimostrato che i vegetali producono una risposta elettrica, cioè emettono un segnale, “comunicano”, quando percepiscono pericolo vicino a loro (es. fuoco) oppure quando le si innaffia, quindi esprimono “gioia” o “sollievo”.
Gli alberi sono creature indifese: non hanno artigli, denti, lame affilate, non inquinano. Purificano l’aria producendo ossigeno, salvano i suoli dagli smottamenti e dalle frane con la tenacia delle loro radici salde. Gli alberi ci insegnano come la vita sia possibile negli ambienti più estremi, come ci possa essere adattamento e convivenza tra specie le più diverse. Gli alberi accolgono e tollerano sui loro tronchi e rami anche le specie vegetali parassite come muschi e funghi, pur rimanendo belli e forti.
Gli alberi forniscono legname, cellulosa, tannini e altre sostanze officinali, fiori e frutti in abbondanza. Gli alberi disegnano i paesaggi e li colorano in ogni stagione. Gli alberi regalano ombra ai bambini e sogni ai poeti.
In un giardino gli alberi sono una festa, sono una ricchezza; il fascino di osservare le gemme spuntare giorno per giorno, il gioco di raccogliere le primizie ed assaggiarle lì, appoggiati ai loro tronchi, non ha pari. Rimanere incantati a guardare il volo concentrico delle cetonie per scegliere le ciliegie più mature in cui tuffarsi, il fremere d’ali dei passeri per gustare i gelsi al volo, il frenetico lavorìo delle formiche su e giù per il tronco scansando le gocce di resina. Il crepitare delle pigne che si spaccano al sole. Indovinare dove si nascondono le cicale che riempiono il silenzio dell’estate, spiare il gatto che s’arrampica silenzioso sui rami rispondendo al suo istinto di predatore, sfidando equilibrio e gravità. Lasciarsi ipnotizzare dal sommesso ronzìo delle api gentili che danzano attorno ai fiori di tiglio per farne bottino. I limoni, gli aranci, i mandarini con i loro fiori spettacolari, inebrianti, sublimi all’olfatto; con i loro frutti che si accendono sui rami come soli, come stelle colorate tra il verde cupo del fogliame frusciante. In un giardino gli alberi sono una festa, una ricchezza, la vita.
Chi ha detto che gli alberi da frutto non sono ornamentali, e devono stare solo negli “orti”? Non è forse magnifico il mandorlo, il pero, il melo quando la primavera li veste come rosa e bianche regine? Il fico lento, odoroso, che offre frutti verdi rossi e viola come piccoli seni pieni di dolcezza, non è forse bellissimo? L’ulivo, l’albero della pace, con le sue chiome maschie e il suo tronco nodoso, rugoso tutto da accarezzare, non è poesia vivente? Il noce, maestoso, un finto serio che il vento sa come solleticare; o addirittura il castagno dalle diecimila foglie come mani aperte, albero dell’abbondanza in terre povere, che sa i suoi frutti così tanto preziosi da racchiuderli in uno scrigno spinoso… ma di cui si pente, e allora lo spacca egli stesso.
Che dire dei giuggioli, i cui rami flessuosi crescono anche nelle lande abbandonate dall’Uomo, e del corbezzolo che nasce tra le rocce, come le ginestre dei carbonai, e che accende di bianco latte la primavera e di rosso l’inverno, offrendo i suoi frutti cremosi e dolcissimi; che dire dei melograni sacri a Persefone. Potrei continuare pensando agli albicocchi gentili, ai pruni, ai nespoli esotici… come non riconoscerne la bellezza? Come decidere di abbattere queste creature perché non sono “adatte” a un giardino? Perché “stonano”? Perché vanno solo negli “orti”?
Si sa, le mode vanno e vengono. Per un diffuso pregiudizio di tipo estetico si evita di inserire e coltivare piante “da frutto” in giardini residenziali, ritenendole meno belle ed aggraziate delle cosiddette “ornamentali” e “da giardino”. Ma anche queste ultime subiscono gli umori altalenanti delle mode e delle tendenze, come se fossero oggetti inanimati che si possono prendere, spostare o gettare via senza conseguenze. «Quest’anno “si usa” il total green, niente colori, mi raccomando. Qualche anno fa “andavano” molto per esempio il cedro libanese, la Monstera Deliciosa, la Kenzia… occhio, estirpatele via dal vostro giardino se volete che esso sia à la page! Gli olivi possono essere messi come decorativi, ma solo potati a palline, all’orientale»… che se poi l’albero muore per questa potatura violenta e innaturale beh, pazienza, se ne compera un altro che resisterà ai nostri capricci. Nella ricerca spasmodica di distinguersi ottenendo un giardino esclusivo, percorrendo questa via l’unica esclusiva che si è in grado di dimostrare è la propria insensibilità e profonda ignoranza.
In un giardino gli alberi sono una festa, una ricchezza, la vita. Ricordatevelo tutti, e per favore: non abbattete gli alberi.
Ora un po’ di dati. Partiamo dall’assunto che in un ecosistema ogni elemento è essenziale alla sopravvivenza, sussistenza e riproduzione degli altri elementi vitali che lo compongono. E per vitali, si intende non solo il mondo animale e vegetale, ma anche minerale. Funzione primaria di alberi e foreste, infatti, è quella non solo di fornire ossigeno e assorbire anidride carbonica durante il processo di fotosintesi clorofilliana; ma grazie all’apparato radicale, anche molto esteso a seconda delle specie arboree, si ha un’azione insostituibile di trattenimento dei suoli che, in assenza di alberi piantumati, franerebbero rovinosamente provocando soil creep, smottamenti e frane con conseguenze non solo per l’ambiente naturale ma anche per l’Uomo. Si pensi, uno per tutti, il fenomeno delle frane in Liguria o anche in Basilicata per le azioni di diboscamento ivi praticate.
Considerando il ruolo degli alberi sotto l’aspetto ecologico, non si può dimenticare la loro funzione importantissima che ricoprono in relazione alle specie animali del dato ecosistema, sia insetti che roditori, sia uccelli che mammiferi. È sufficiente considerare che quando scoppia un incendio in un bosco, viene distrutto un habitat che stenta a riformarsi in modo spontaneo venendo soppiantato da uno ecologicamente più degradato, in quanto non solo non ricrescono più molti alberi, ma in conseguenza di ciò molte specie animali mirano verso ambienti ancora ben conservati alla ricerca di un ambiente che offra le precedenti condizioni, e anche specie vegetali legate alla presenza delle essenze arboree non ricresciute spariscono.
I risultati principali del rapporto Valutazione delle Risorse Forestali Mondiali (FRA 2020) sono stati pubblicati il 7 maggio 2020 congiuntamente alla pubblicazione interattiva “Una nuova prospettiva: Valutazione delle Risorse Forestali Mondiali 2020“.
Secondo il rapporto, sul nostro pianeta ci sono oggi meno di 4,06 miliardi di ettari di foreste, pari a 0,52 ettari a persona. Su base netta, espansioni comprese, dal 2010 al 2020 la superficie forestale mondiale si è ridotta di 4,7 milioni di ettari all’anno.
Quasi un terzo della superficie terrestre mondiale è coperto da foreste, che forniscono una serie di materiali, servizi, bellezza naturale e sostengono milioni di mezzi di sussistenza.
«Le foreste sono una parte importante della nostra vita, che si riflette nel nostro cibo, nel nostro arredamento e nell’aria più pulita che respiriamo grazie alla loro presenza, quindi dobbiamo lavorare di più e collaborare in tutti i settori della silvicoltura e dell’agricoltura per rallentare maggiormente la deforestazione», ha detto Maria Helena Semedo, Vicedirettore Generale della FAO per il clima e le risorse naturali. «È estremamente positivo sapere che una quantità sempre maggiore di superficie forestale è soggetta a programmi di gestione a lungo termine, che sono essenziali per raggiungere l’Obiettivo di Sviluppo Sostenibile 15».
Più di 12 milioni di ettari nel 2020. Un aumento del 12% rispetto all’anno prima. E 42mila km2 persi soltanto nelle regioni tropicali, le più preziose. Sono i numeri della deforestazione registrata nel mondo l’anno scorso, aggiornati al 31 marzo 2021. Numeri che segnalano una tendenza allarmante: il tasso di disboscamento è in crescita, ben al di sopra della media degli ultimi 20 anni.
Lo segnala il World Resource Institute, che tramite la piattaforma Global Forest Watch monitora lo stato della deforestazione a livello globale. Il 2020 non è stato l’anno peggiore in termini assoluti. Ma l’istituto rileva che nonostante l’aumento dell’attenzione dell’opinione pubblica su questo tema, e le pressioni internazionali legate all’azione climatica, il trend è in peggioramento.
Deforestazione che arriva sugli scaffali dei nostri supermercati incorporata in alcuni prodotti, spiega il rapporto “Stepping Up. The continuing impact of EU consumption on nature worldwide” del WWF.
La performance europea sulla deforestazione è migliorata negli ultimi anni, segnando un -40% tra 2005 e 2017. In questo periodo le importazioni dell’UE hanno causato il disboscamento di 3,5 milioni di ettari, emettendo 1.807 milioni di tonnellate di CO2 cioè l’equivalente del 40% delle emissioni annuali complessive dell’UE. Performance che resta lontana dall’essere soddisfacente. Le importazioni UE sono ancora responsabili del 16% della deforestazione globale. Dopo la Cina, che pesa per il 24%, ma ben prima di Stati Uniti (7%), Giappone (5%) e India (9%).
La deforestazione non avviene in Italia. Anzi, nello Stivale il trend è l’opposto: negli ultimi 30 anni la superficie forestale è cresciuta del 25%. Questo dato ci viene dal dossier WWF citato sopra.