Costume&SocietàCulturaLa Danza dei PensieriPRIMO PIANO

LA DANZA DEI PENSIERI, di Loredana Fina. L’amicizia con Carina

Condividi

L’amicizia è un sentimento importante nei rapporti umani, così importante che se la si decanta smisuratamente, parlandone più del dovuto, svanisce, scivola via dalle mani diventando inafferrabile e perdendo significato e valore.
Vi sono esperienze di meravigliose storie di amicizia fra persone che mai hanno osato dirsi di essere amici ma che unite da un legame profondo, empatico e sincero, sono rimaste fianco a fianco per tutta la vita.
Così avvenne che un giorno si conobbero due donne. La prima, più adulta viveva insieme a sua madre, una donnina delicata e tenace al tempo stesso che era stata per molto tempo la maestra del paese e da altrettanto molto tempo era in pensione.
Le due, dive vano in una grande casa che era appartenuta per successione alla loro famiglia, da diverse generazioni e dove, affissi alle pareti del grande salone vi erano enormi ritratti dei loro antenati.
La seconda donna della storia, era una giovane madre trasferitasi in quel paese di mare del Salento di cui sera perdutamente innamorata durante una vacanza estiva e dal quale non ebbe più il coraggio di ripartire per non doversi distaccare da quelle stradelle assolate, dal bagliore delle sue Mura bianche pitturate a calce che quando riflettevano i raggi del sole non si potevano guardare tante erano accecanti.
Il paesino con una pineta profumata che nei giorni del solleone ti accompagnava sulle rive fresche e cristalline del mare che lambiva le coste dorate con il sottofondo musicato del canto dei grilli che si davano il turno a vicenda con loro assordante cricri.
È ancora, Per non parlare del fascino degli ortali e giardini, i muretti antichi in pietra, i filari ordinatissimi dei vigneti e i suoi alberi secolari d’ulivo tutti in bella mostra nelle limitrofe campagne.
I balconcini Fioriti, il piccolo castello nella piazza centrale svolazzato da affollati stormi di rondini durante i freschi crepuscoli estivi, i rintocchi calmi del campanile.
Le due donne, di tanto in tanto si incontravano nelle stradine del paese, la più grande portava al guinzaglio il suo cagnolino, La giovane col passeggino dov’è il suo figlioletto con gli occhioni grandi grandi color mare elargiva i suoi primi sorrisi al mondo e alle persone che si fermavano a conoscerlo.
A volte la donna più grande invitava a casa La giovane col suo figlioletto e così quando si incontravano riuscivano a trascorrere lieti momenti pomeridiani conversando anche insieme all’anziana madre che, dopo essersi con tutto rispetto profumata e pettinata, appariva in salotto con tutto il suo contegno, per unirsi al resto della compagnia. Tutte e tre le donne, amavano la lettura, e così ha vinte si sofferma vano a leggere brevi racconti, oppure poesie.
A volte, leggendo si muovevano e qualche impercettibile lacrimuccia faceva capolino attraverso gli occhi della lettrice e ciò, passava apparentemente inosservato.
Le due donne coltivarono così quando possibile quella loro conoscenza. Poi capito che per un più o meno lungo periodo, si persero di vista ma destino volle che si ritrovassero ancora. il figlioletto della donna più giovane era già cresciutello, quasi in età scolare, E questa volta tenendo la mamma per mano si recò con essa a trovare la donna più grande che trovarono sola, Nella penombra del suo salottino e con un filo di voce, sussurrò con grande dispiacere che la sua anziana madre era venuta a mancare circa un anno prima. Era venuta a mancare per modo di dire, perché la sua parte fisica non c’era più ma si percepiva molto forte la sua energia ancora presente fra le mura di quella stanza e di tutta la casa dentro la quale la figlia vagava inseguita dal suo cagnolino, rovistando di qua e di là aprendo cassetti in cerca di qualcosa. Ma cosa? Chi? Cercava forse sua madre quando prendendo la biancheria dal cassetto di un antico comò se la portava al naso chiudendo gli occhi?
La giovane donna affranta tornò a casa con il suo figlioletto e, ripensando a quanto aveva visto è ascoltato nel corso di quella visita pomeridiana, restò in silenzio per tutta la serata.
Nei giorni a venire cominciò a far visita più spesso a quella donna adulta ormai sola.
Sperava di poterle essere d’aiuto e conforto, avrebbe voluto in qualche modo lenire quel dolore che la attanagliava costantemente.
Avrebbe voluto rivederla sorridere come ai tempi delle belle letture in salotto si, voleva vederla sorridere di nuovo tanto era “Carina” quando sorrideva.
Un giorno, le scrisse una lettera il cui testo è riportato fedelmente qui di seguito:

A Carina Medici
Ciao Carina, sai non sono molto brava con le parole così, quando desidero esprimere emozioni o pensieri profondi alle persone care come a te in questo caso, scelgo come ho sempre fatto fin da bambina, di comunicare con carta e penna. A tale proposito gli antichi latini dicevano: verbavolant, scripta manent ovvero le parole volano ma gli scritti rimangono. Ecco perché amo e preferisco scrivere e tu sai quanto questo mi renda felice. Voglio perciò che tu sappia che desidero incoraggiarti e sostenerti, tentando di capire il tuo stato d’animo quando ti osservo sfogliare con orgoglio e dispiacere quei volumi impolverati che oggi, nei tempi dei social potrebbero essere definiti “vecchi ” piuttosto che antichi e, sfogliandoli ti soffermi, soffocando le lacrime, rileggendo alcune pagine scritte nel 1800 dal tuo bisnonno. Lo stesso, anche quando mi mostri le foto in bianco e nero dei tuoi antenati e dei tuoi genitori quando erano giovani. Quanto amore e smarrimento percepisco nel tono della tua voce, nella gestualità delle tue mani. So bene qual è il tuo timore più grande, cioè che in futuro non venga dato il giusto valore a tutte le cose che nel corso della storia della tua casa hai amato, le cose fra le quali sei cresciuta. Quando dici di sperando ti che nulla, nemmeno uno spillo dovrebbe essere gettato via di tutto ciò che c’è in casa perché finanche il più piccolo, insignificante oggetto esistente fra quelle Mura, racconta una storia. Lo scrittoio dov’è tuo padre studiava i suoi testi medici e dove ancora appaiono scolpite le sue iniziali nel legno. La spazzola con la quale egli spazzolava il suo cane Prima di portarlo a spasso per il paese. La piccola clessidra posta grande scrivania, i grandi tappeti arrotolati, le lauree appese su un unica parete, la bottiglietta di profumo di tua madre e la sua macchina da cucire in quella piccola stanzetta dove amava ritirarsi, per non di tutte quelle ricette mediche scritte a lapis da tuo nonno risalenti al 1929 dove e gli aveva segnato i farmaci dati a credenza a famiglie che in quel periodo non avendo la possibilità economica per acquistarli si rivolgevano a lui con speranza e fiducia, a lui che era il loro medico e farmacista ma anche un uomo sensibile è capace di andare oltre quelle spiacevoli circostanze e che con estrema discrezione, da una piccola porticina sul retro della farmacia consegnava ugualmente farmaci E medicamenti poiché consapevole del fatto che è, quel suo gesto avrebbe potuto salvaguardare la salute delle persone. Quanta storia! Quante storie, bellissime, a volte addirittura poetiche! Storie vissute e raccontate fra quelle Mura punto proprio come la storia vera che mi raccontassi, una storia delicata e dal sapore fiabesco di quella tua famosa zia che in tarda età, quando tu eri ancora bambina, essendo molto acciaccata e, non avendo più la forza di camminare si era ritirata in una grande stanza luminosa dove aveva fatto sistemare una voliera E come se non bastasse anche tante gabbiette sulle pareti che dovevano rimanere rigorosamente aperte in modo che gli uccellini che le abitavano, potessero volar vi dentro e fuori con la massima libertà mentre lei (la zia) attraverso ai veli del suo antico letto a baldacchino, amava ammirarli vedendoli volare dalle gabbiette a fuori dalla stanza attraverso una grande finestra, e sentendoli cinguettare al loro ritorno. Nessuno riuscì mai a comprendere il perché di tanta affezione e benevolenza di questa zia verso i suoi uccellini, Forse così, anche essa poteva avere l’impressione di vivere nella natura, magari immersa in un bosco e tutto questo forse la faceva sentire ancora viva e in contatto con il resto dell’universo.
 Nella sua grande stanza, bisognava entrarci in punta di piedi è rigorosamente uno alla volta, parlando a voce bassissima per non recare disturbo all’equilibrio che regnava oltre la porta d’ingresso E dov’è anche una sola parola di troppo avrebbe potuto disturbare gli uccellini ma anche la zia che era sempre intenta ad ascoltare il loro cinguettio e a riconoscerne il canto ed il richiamo.
Non darti pena cara, A volte noi adulti siamo pienamente convinti che i nostri giovani non si curino più di certe cose mentre invece, spesso ci stupiscono dimostrando ci l’esatto contrario. Molti giovani amano moltissimo conoscere la storia delle proprie radici e, sicuramente non getteranno nel dimenticatoio tutto ciò che fa parte del patrimonio appartenuto alla propria famiglia, tradizione, cultura non fosse altro che, semplicemente per il valore affettivo che tutto ciò rappresenta per loro. Gli uccellini Oggi sono loro ed è giusto che siano liberi di volare ma stai certa che prima o poi torneranno alla propria voliera proprio come facevano gli uccellini del tua incantevole zia, ispiratrice e protagonista di queste poche righe scritte anche per lei.
Quando la donna adulta lesse quella lettera, qualcosa fra le due cambiò per sempre. Crollarono barriere invisibili. Le due donne per la prima volta smisero di darsi del lei e si chiamarono per nome. La più giovane si chiamava gioia, la più adulta si chiamava saggezza. Saggezza profondamente commossa, con un sorriso luminoso sul ringrazio gioia per la lettera che delicatamente era riuscita a pizzicare le corde del suo cuore. Scaramanticamente, quasi a non voler rompere l’incantesimo che fra le due s’era creato, la parola “amicizia” da loro, non fu mai pronunciata.

In memoria di Carina Medici di Pulsano (Ta)

Loredana Fina
scrittrice

 


Condividi

Lascia un commento