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La Luna 52 anni dopo lo sbarco. Intervista allo scrittore Giuseppe Yusuf Conte

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A vent’anni dal primo sbarco sulla Luna, lo scrittore Giuseppe Yusuf Conte pubblicava questi versi dedicandoli al nostro satellite, di fatto rientrando in quella rosa di poeti e narratori che in tutti i tempi hanno subìto il fascino di questo misterioso ed enigmatico corpo celeste. Dopo trentadue anni ci piace riproporre la lirica, freschissima e incantatrice, e ricordare questo evento della storia dell’Uomo chiedendo proprio all’Autore di raccontarci lo spirito con il quale scrisse questa poesia.

«Ho immaginato una contro-conquista della Luna come emblema dell’anima, del  cosmo, del tempo. Non ho niente contro Neil Armstrong, l’astronauta, ma parlo di empietà perché considerare la Luna oggetto di conquista… non incontra il mio sentire. Piazza Jeema-el Fna da dove parla il vecchio è al centro e “il” centro di Marrakech, quindi mi sono chiesto: in fondo per altre civiltà diverse dalla nostra cos’è quel gesto? Noi bianchi abbiamo fondato tutto sulla conquista, sul possedere, altri popoli per loro natura no. In questa poesia prediligo il momento mitico magico su quello tecnico scientifico.»

A cinquantadue anni da quel famoso sbarco, Yusuf come vede oggi la Luna? Cosa rappresenta?

«La vedo ancora una messaggera della bellezza del cosmo, qualcosa che illumina la notte. Essa è ciclica, c’è anche la luna nuova, quindi nel suo ciclo illumina la notte. L’anima si esprime per simboli, la Natura è simbolo, come il mare che è uno dei simboli fondamentali. Sì, per me la Luna è ancora un simbolo dell’anima che illumina la notte.»

Ringraziamo Giuseppe Yusuf Conte per averci ricordato come, per sentirsi felici e liberi, non è necessario conquistare a tutti i costi; piuttosto alzare gli occhi in alto e leggere i simboli che l’Universo ci offre, generosamente, dialogando con la Natura, sempre rispettandola.

 

 

Ciò che dice alla luna un vecchio

In Piazza Jemaa-el fna

 

È vero che gli uomini, come me,

hanno camminato, corso sulle tue pianure

di cenere e senza vento, vi han lasciato

serpenti di orme e una bandiera?

Non ha confini la loro empietà.

Ma la sera

tu sali ancora in cielo, al mattino

tramonti. Sei una ragazza di carovane,

hai gli occhi della menta e del gelsomino

il volo del falco sulle dune.

Ancora chiami il mare delle maree

falci nei giardini notturni i narcisi

dondoli gli angeli sulle moschee

specchi il sole

nel tuo disco di seta

come le fontane i nostri visi

come Dio il profeta.

 

Giuseppe Yusuf Conte

Dall’inserto Mercurio, in La Repubblica, 19 Luglio 1989

(copertina: elaborazione grafica Sabrina Del Piano)


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Sabrina Del Piano

Archeologa preistorica, dottore di ricerca in geomorfologia e dinamica ambientale, esperta in analisi dei paesaggi. Operatore culturale, ideatrice di eventi culturali, editoriali ed artistici. Expert in prehistoric archaeology, geomorphology and landscapes analysis. Cultural operator and art events organizer

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