APERTAMENTE di Fabio Caffio* Come cambia Taranto: tramonti infuocati e pale eoliche
Si è parlato qualche giorno fa dell’imminente realizzazione del progetto di installare in mare, vicino al molo polisettoriale, 10 mega turbine eoliche da 3 MW su pale alte circa 100 mt. e con rotori di 135 mt. di diametro. La Giunta comunale precedente si era opposta con un ricorso amministrativo (attinente la competenza ad emanare il provvedimento concessorio) respinto dal Consiglio di Stato. Non risulta invece alcuna opposizione di principio da parte della Cittadinanza, come invece avvenuto a Rimini, a Manfredonia o nel Sulcis in Sardegna. Non si sa nemmeno se la Regione, così attiva per le vicende tarantine, si sia espressa a sfavore, a differenza di quanto fatto nel 2017 contro una wind farm galleggiante da realizzare avanti a Brindisi.
Oramai, al termine di tutte le procedure ministeriali che ne hanno attestato le compatibilità ambientali e paesaggistiche e dopo la concessione da parte della Capitaneria di specchi acquei per 130.000 mt2 a pochissima distanza dal molo, l’impianto è pronto per essere costruito. Taranto sarà cosìla prima città d’Italia ad avere strutture eoliche flottanti in mare; non però in acque lontane (offshore) come avviene ovunque, ma sotto costa (near ashore). In un certo senso potremmo dire che è la nostra Città a fare inconsapevolmente da apripista a chi, in nome del progresso del Paese, è deciso ad imboccare in mare la strada delle energie rinnovabili.
Qualcuno, con riguardo alla vicenda, ha osservato che «un parco eolico costruito al largo di un’area industriale e portuale non ha lo stesso impatto visivo di uno costruito su una costa incontaminata. Per quanto riguarda l’impatto su fauna e flora, esistono le valutazioni ambientali… Poi esiste anche un discorso di contesto generale: necessitando di energia, quali son le soluzioni con un minore impatto complessivo, che non usano combustibili fossili?». Il problema è che un simile ragionamento, per quanto fondato, rivela insensibilità per la realtà tarantina. La costa del versante occidentale è compromessa senza dubbio da acciaieria e raffineria ma questo non autorizza a considerarla oramai persa, poiché resiste ancora il fascino del panorama dell’arco dei monti che circondano il Golfo. Dubitiamo che domani, con 10 pale gigantesche in perenne movimento, lo scenario sarà lo stesso, a meno di non pensare che Taranto sia anche un laboratorio di nuovi contesti paesaggistici di stampo metafisico che forse avrebbero ispirato De Chirico. È inoltre vero che ci sono tutte le possibili valutazioni ambientali; tuttavia, il buon senso ci dice che i rotori potrebbero disturbare sia l’aviofauna del Mar Piccolo che l’habitat dei delfini stanziati nei pressi di Ginosa Marina.
Ha ragione chi osserva che la transizione energetica dal fossile alle rinnovabili richiede che l’Italia si allinei agli standard di Paesi come Gran Bretagna, Danimarca e Norvegia che hanno da tempo puntato sull’eolico offshore. Si spiega così come nessuna associazione ambientalista abbia preso posizione contro le megapale del nostro porto. Ma il punto è proprio questo: nessun Paese ha installato sotto costa, in piena visibilità, impianti di grande impatto. Tant’è che da noi sono stati elaborati progetti per wind farms oltre l’orizzonte, a non meno di 12 mg. al largo di Ravenna, Rimini, Marsala, Carloforte i quali sono stati egualmente contestati. È un fatto, oltretutto, che l’Unione Europea non abbia ancora elaborato una posizione comune favorevole all’eolico (la Francia, ad esempio, non intende rinnegare il nucleare, e la Germania sembra privilegiare, nel medio periodo, il gas).
Per noi è invece solo questione di tempo: è stato istituito il Ministero della Transizione Ambientale, accorpando Sviluppo economico ed Ambiente e si è imboccata con decisione un piano integrato energia e clima che preveda il graduale abbandono delle energie fossili, comprese quelle estratte dai fondali marini. Questo, in sintonia con il nuovo Green Deal basato sull’Accordo di Parigi che prevede entro il 2030 la riduzione del 50% delle emissioni dannose al clima. Sicuramente avverrà una rapida decarbonizzazione ed un’incentivazione della produzione di energia eolica e solare. E’ però difficile ipotizzare in tempi brevi una riduzione delle importazioni di petrolio e gas, non essendoci chiari segnali per orientare l’opinione pubblica a ridurre i consumi energetici attraverso l’avvio di forme di mobilità sostenibile e minor consumo di elettricità (anche prodotta da centrali nucleari francesi e da noi importata), soprattutto per l’uso dei condizionatori.
Insomma le gigantesche torri che vedremo dal Lungomare – destinate peraltro a ridotta produzione di energia– anticipano il futuro, anche se nessun’altra città le ha installate o le installerà così vicino alla costa e ad un abitato. Il dado è oramai tratto, a meno di improbabili ripensamenti delle Istituzioni pubbliche. Facciamocene quindi una ragione per accettarlo, valutando magari l’indotto industriale (ma l’impianto tarantino utilizzerà strutture realizzate in Cina) che ne potrebbe venire al nostro territorio ove già esiste una società costruttrice di mega pale. A Civitavecchia è stato fiutato l’affare e si immagina di realizzare un hub industriale dedicato all’impiantistica eolica marina.
In antico chi arrivava dal mare a Taranto vedeva le alte torri citate da Virgilio nelle Georgiche ed identificabili forse nei due templi a ponente e levante dell’Acropoli. Per secoli abbiamo ammirato dalla Città i panorami delle “belle montagne della Lucania e della Catabria Citeriore che formano… la cornice” dell’ameno quadro della rada e del Golfo che tanto entusiasmavano Giovan Battista Gagliardo (Descrizione topografica di Taranto, 1811). Domani, cittadini e turisti vedranno dal Lungomare gli infuocati raggi del sole che tramonta dietro queste lontane montagne godendosi anche l’effetto del moto lento e solenne di pale eoliche poste, ad abundantiam, nei pressi delle gru del porto, delle alte ciminiere e delle imponenti coperture dei parchi minerali dell’acciaieria.
La domanda che ci poniamo come PRI -Taranto è se la nostra città abbia bisogno di questa ulteriore scommessa, che compare in un momento molto delicato della nostra storia, al crocevia tra un futuro turistico da costruire rispetto ad un passato industriale da limitare nel tempo.
*Fabio Caffio – Partito Repubblicano italiano – Taranto