Il Buongiorno di Pina Colitta. Tra le pieghe dolorose della violenza di genere.
Un buongiorno ancora tra le pieghe dolorose della violenza di genere, perché con il dire di ognuno di noi si possa seguire la strada della consapevolezza, per non cadere nella inaccettabile convinzione che la violenza è occasionale, è legata ad alcuni stereotipi sociali, lontani dai nostri vissuti; per superare anche la falsa convinzione che la coppia, la quale vive una realtà di violenza domestica, sia male assortita o provenga da un retaggio culturale poco abbiente. Nella violenza intra familiare gli “attori” entrano in una terribile spirale di carnefice e vittima; lui, l’uomo che si vive la relazione come possesso e si nutre di questo, è soprattutto anche vittima del suo essere violento… Ogni azione, emozione pensiero o azione dannosa per sé o per gli altri fatto coscientemente, involontariamente o per spinta inconscia, è sempre e solo violenza! La violenza, e tutti i pensieri correlati ad essa, insieme ad atteggiamenti ed emozioni o comportamenti di disagio violento sono sempre un vuoto, una mancanza, una perdita di contatto con il senso e con l’identità. Chi subisce violenza non ha una vita propria! La violenza non è una manifestazione congenita nella vita di un individuo, e, pur salvaguardando quella “natura ferina” presente dentro ognuno di noi, di leopardiana memoria, bisogna invece sottolineare che tanti sono i fattori propulsori di violenza, come ad esempio la scarsa autostima o un eccesso di stima in sé, che produce rabbia e porta all’incapacità di godere della felicità; da qui si alimenta, in una sorta di spirale, risentimento, rancore, dispetto, rabbia, indignazione, disprezzo, invidia, gelosia, in pratica, mancanza di ascolto ed introspezione. Colei che subisce violenza si vive una sorta di attaccamento eccessivo ad altro fuori di se, partendo dalla bassa autostima di se stessa; ed è dalla bassa autostima che si alimentano diverse forme di dipendenza, con un patrimonio di emozioni negative: tristezza, rimpianto, paura, vergogna, colpa. Chi si fa promotore di violenza ha una spiccata tendenza alla relazione centrata sul fare e sul possesso e, quindi con una spiccata modalità relazionale, finalizzata a sfruttare e manipolare. Ed anche in questo caso il fondamento, nel suo patrimonio emotivo, è la forte proiezione ad aspettative e mancanza di ascolto ed introspezione. ”L’ignoranza”, ed ovviamente intendo l’ignorare, crea dipendenza in una vittima e porta ad eccessi nell’autostima o in basso o in alto, porta a diverse forme di chiusura e di rigidità. Insomma fede cieca, pigrizia mentale e spirituale, incapacità di
distinguere l’essenziale dal secondario. Il risultato di tutto questo miscuglio di emozioni e di situazioni culturali ed educative è la confusione, con chiusura rispetto a punti di vista diversi dal proprio. E poi, a completare questa disastrosa situazione, entra in gioco l’orgoglio, che porta a sviluppare, per forza di cose, la paura di non essere amati, ma anche paura di non essere capaci di amare, quindi una mancanza di fiducia nel prossimo, una intolleranza totale. La violenza è strettamente connessa con il dolore, ne deriva da esso e ne è la causa. E’ un circuito interattivo, tenuto in vita dalle emozioni distruttive, emozioni dannose a sé e agli altri, emozioni che distorcono la realtà assolutizzandone gli aspetti; emozioni che bloccano il flusso di ricchezza tipico di ogni persona per sé e per gli altri. E di emozioni quante donne ne hanno messo fuori, nelle peculiarità più intime, attraverso un loro scritto, attraverso un flusso di coscienza. nella solitudine di sentimenti e di amori sofferti? Una donna innamorata pensa sempre di essere una dea per il proprio uomo, di essere oggetto di carezze e non di minacce, insulti e percosse! E’ un luogo comune pensare che la violenza fisica, quella che è più evidente, sia quella che provoca più sofferenze; lo è altresì e molto di più la violenza psicologica. Curare le ferite più profonde, rispetto ad una contusione, un braccio rotto, è un percorso vero e proprio di ricostruzione… Sono queste le ferite che vanno a minare la personalità di una donna, umiliata e ferita, che vanno a distruggere la sua dignità.
E’ davvero una ferita profonda da rimarginare perché nessuna donna mai si potrebbe aspettare che proprio la violenza arriva da quel marito, da quel convivente, da quel partner, che si trasforma in un aggressore e un carnefice, cioè da colui dal quale lei si aspetta amore e affetto e non tutte quelle manifestazioni che vengono percepite come prevaricanti e irrispettose. Una donna che inaspettatamente non reagisce è spesso inaccettabile per molti di noi. Ed invece spesso accade proprio questo, perché lei non può, talmente ingabbiata nella rabbia per il torto subito, nel risentimento, nel rancore, nel dispetto, nell’indignazione, nel disprezzo…
Si, questa persona così ferita, non vede una possibile felicità nel suo orizzonte affettivo di donna, di moglie, di compagna, di mamma. Si vive, invece, un ruolo di donna pervasa dalla tristezza, rimpianto, paura, vergogna, colpa… Il tutto deriva dal suo non essere capace, dal suo non valere nulla, dal suo essersi convinta che non ha un futuro né come donna, né come
madre, dove ci sono anche i figli, ma soprattutto piccoli. Questo è il senso di una colpa che si vive in continuazione, perché
non ha più stima di se stessa, una stima distrutta da un uomo che dovrebbe amarla, rispettarla. Eppure tanti uomini sanno amare e rispettare quella donna che hanno scelto come fidanzata come compagna di vita. Eppure tanti uomini vedono in una donna quella luce che viene fuori dal buio, per illuminare il mondo!
Suoni, musica,
luci e tanta gente.
Un buio
che si colora di niente.
Sagome indefinite, uguali tra loro,
che vagano
senza meta.
Alla ricerca di qualcosa,
di qualcuno,
di emozioni e
di sorpresa.
Ma, ad un tratto,
come un lampo
nell’ oscurità…
un volto, illuminato
ed illuminante, compare !
Un limpido sorriso
è la porta del suo dolce animo.
Occhi che parlano,
sussurrando tenere emozioni.
Raffinate linee disegnano la sua figura.
Soave e conturbante.
Fieramente donna, ma mai volgare.
Le sue parole fermano gli attimi,
suggellandone stupore e meraviglia.
Donna o Dea.
Acqua o fuoco.
Sogno o realtà.
Tutto questo, insieme, come i colori
sulla tavolozza di un pittore
che ha appena terminato un capolavoro.
Antonio Balice Tasselli