Il Buongiorno di Pina Colitta. Il divenire della coscienza
Oggi entriamo nell’argomento, “coscienza” da una prospettiva diversa, forse meno impegnativa e più stimolante nella lettura. Se dovessi pensare ad essa, la vedrei come una sorta di ombra; lei, la coscienza
non va da se… Per avere ragione di esistere, metaforicamente, ha bisogno di una presenza e del sole, due elementi fondamentale se parliamo di ombra… Già immagino in quanti si chiederanno: dove vuole
andare a parare con il significato di ombra. Presto fatto! L’ombra cosa è, se non un’immagine come quella riflessa allo specchio? La coscienza, se ricordate un po’ la riflessione di ieri, non potrebbe
essere mai morale perché non agisce, semplicemente perché è indice della consapevolezza umana, permettendo all’uomo di attivare tutto ciò che potrebbe consentirgli un cambiamento in nome di un modo diverso di essere nel bene o nel male. E’ proprio questo il ruolo evolutivo della coscienza. In tal modo la coscienza diviene una garanzia per una sopravvivenza che porterebbe l’uomo a superare la sua parte ferina ed istintuale, nell’impresa di esplorare uno stile di vita in rapporto con la società
e le relazioni affettive, per scoprire magari l’amore. La coscienza, è in continuo dinamismo per adattarsi al mondo e alle relazioni sociali, ma è la dimostrazione della consapevolezza umana, si dell’uomo che è consapevole di come il suo comportamento sia il risultato di molteplici fattori, emergenti nella sua esistenza privata e sociale.
Il comportamento umano ha diverse caratteristiche da quelle biologiche a quelle genetiche, epigenetiche, insieme alla personalità e all’ambiente. E allora qual è in definitiva la funzione della coscienza? Quella di dotare l’uomo di un individuale punto di vista, un mezzo importante per cambiare la visione delle cose nella sua esistenza, al di fuori della massa, e per un certo verso, anche al di fuori della scienza, andando oltre le variabili considerate scientificamente, oltre i limiti della memoria che ricorre all’aiuto dell’informatica e della tecnologia per acquisire e registrare in tempo reale un immenso numero di dati, con lo scopo di poterli analizzare in simultanea. Ed è qui il senso di coscienza… Avere coscienza della stessa vita rispetto alla realtà “fluida” nel nostro libero arbitrio, pensando che sia solo il risultato della nostra volontà. Tutte le nostre scelte dovute al nostro intelletto, tutte le nostre concezioni, assimilate attraverso le nostre esperienze, ma spesso mai completamente coscienti, e spesso prive di senso perché presenti in noi per abitudine, per tradizione, ci rinchiudono nella convinzione che tutto potrebbe essere eterno, quasi in una sorta di immortalità. In tutto ciò è proprio la coscienza che ci riporta sulla retta via per dismettere il ruolo di protagonisti dei nostri giorni, assumendo quella maschera che indossiamo perché spesso ingabbiati in una sorta di edonismo…
Non posso non ricordare il grande Zygmunt Bauman quando dice di “liquidità” per descrivere la modernità in cui viviamo, che lascia pochissimo spazio alla coscienza: «Individualizzata, privatizzata, incerta, flessibile, vulnerabile, nella quale a una libertà senza precedenti fanno da contraltare una gioia ambigua e un desiderio impossibile da saziare» Ma per me la coscienza indica quella parte intima e sentimentale di se stessi, quella parte che ci può indicare la libera via dell’amore, e della felicità per accettarsi, ma qualcuno dovrebbe indicarcela sin da quando veniamo su questa terra.
Concludo con le parole della canzone “Fiori di Inverno” di Michele Bravi in gara a Sanremo
“Tu insegnami come si fa ad imparare la felicità, per dimostrarti che
se fossimo dei suoni, sarebbero canzoni. E se fossimo stagioni,
verrebbe l’inverno, l’inverno dei fiori. Insegnami come si fa a non
aspettarsi niente a parte quello che si ha, a bastarsi sempre”…
Quando si ama non esistono le stagioni, le corse, il fiato spezzato.
Il tempo si dilata, si allunga, si tende come un elastico. Chi ama ha
il dono di vivere più lentamente il percorso di un’esistenza e
assorbire il tempo come occasione per abitare dentro i dettagli”.