La poetica futurista di Roby Guerra trionfa tra i surrealisti francesi
Intervista di Stefania Romito allo scrittore neofuturista Roby Guerra
Certi valori sono in grado di oltrepassare le barriere del tempo e dello spazio per infinitarsi nei cuori di ognuno di noi. C’è chi guarda al futuro e alla nuova frontiera tecnologica con riserva nel timore che la “macchina” possa sostituirsi all’uomo e chi invece vive nella convinzione che il futuro è adesso e che il progresso tecnologico debba fungere da coadiuvante di sentimenti e passioni. È il caso di Roberto Guerra, in arte Roby Guerra o Futurguerra, interessante esponente di una nuova avanguardia letteraria che fa del futuro e della tecnica i nuovi strumenti di espressione anche poetica. Ed è proprio nella poesia, o meglio nella “futur-poesia” che Roby Guerra rinviene il suo ambito elettivo di ispirazione immaginifica per ricordarci che i sentimenti più puri non conoscono contaminazioni.
Roby Guerra, tra i principali esponenti del neofuturismo italiano. Di recente hai pubblicato “Space Mammy” una raccolta di racconti dedicati a tua madre nei quali la tua infanzia viene rivissuta in chiave narrativa fantascientifica. Quando e come nasce l’idea di dar vita a quest’opera di impianto prettamente autobiografico?
“Space Mammy”, dedicato alla mia sempre giovane madre, Maria T. Brugnara (nacqui quando lei aveva 16 anni!), praticamente è stato ed è l’ultimo libro ex novo che ho scritto. E lo considero il più “bello”. Dedicato subito dopo… la sua scomparsa prematura, per malattia ma anche per errori medici. Elaborato in stile, appunto, science fiction, ricordi d’infanzia in sé Reali…. Ne ho dimenticato almeno uno, mia madre che mi leggeva da bambino “La Piccola Fiammiferaia”. E in quei ricordi, l’origine del “personale” cosiddetto Puer Aeternus junghiano, matrice letteralmente del mio futurismo… Negli anni’ 60, mia madre era giovanissima e grazie a Lei, ho captato quei tempi propulsivi, l’era spaziale, elettronica, nascenti…il mito del 2000…
Un lavoro letterario che ti ha appena dato grandi soddisfazioni. Il racconto “La pièces de cinq-cents lires – argent” è infatti stato pubblicato all’interno della famosa rivista surrealista francese ”In Toto” fondata dal poeta El Janabi Abdul Kader, leader del surrealismo arabo e del gruppo del Desiderio Libertario. Ti aspettavi questo importante riconoscimento?
Questa recente piccola grande impresa ha suggellato il libro “Space Mammy”. Come il libro, un racconto da esso tratto e tradotto in francese (una “fiaba vera, a 10 anni circa regalai alla mamma un maglioncino d’angora comprato sotto casa, con le mie monete da 500 lire d’argento), è stato come darle vita ancora, un tempo, ora meno, credevo nella clonazione e nella crionica. Almeno nell’immaginario ci sono riuscito. In generale avevo già pubblicato negli anni ’90, racconti e poesie sonore in Francia, grazie alle Riviste letterarie La Revolte des Chutes diretta dal Poeta Surrealista, Marc Kober (all’epoca in Italia e a Ferrara) e la stessa Saprifhage di Nanterre. Ci scrissero anche i ferraresi Riccardo Roversi e Claudio Strano. Recentemente dopo anni, abbiamo avuto nuovi contatti con Marc Kober, redattore e scrittore di In Toto, e quindi questa nuova sorpresa francese ed estera. Kober ha recentemente edito un delizioso (anche graficamente) libro d’arte, Proverbes Lapins… Un onore, anche, pubblicare sulla Rivista In Toto, diretta dal celebre scrittore arabo, o El Janabi Abdul Kader.
E ora parliamo di “Visualpoetry”, il tuo nuovo e-book che rappresenta per lo più un percorso poetico visivo in cui l’immagine interagisce con la parola. Qual è il significato intrinseco di quest’opera?
“Visualpoetry” è una mia estensione nella cosiddetta Poesia Visiva, oggi anche elettronica o genericamente Net Art. Immagini + Versi… elaborate con il computer, dagli anni duemila dieci circa: un “libro” di Poesie Visive, per la prima volta a livello personale, ufficiale. La Poesia Visiva è stata una delle ultime avanguardie, attualmente il cosiddetto Metaverso segnala orizzonti nuovi e possibili della ricerca anche letteraria…
Una sperimentazione che prende le mosse dalla fine degli anni Ottanta, periodo a cui risalgono le tue prime esperienze di poesia visiva pura, non è così?
In effetti, nei primi libri, formalmente utilizzavo il cosiddetto Universo, una parola per riga e libelli d’arte con inchiostro colorato, giallorosso o verde o bianco su nero, nell’ambito del verso libero futurista. Un cromatismo intertestuale che già captava le poetiche visive parallele…
Altro lavoro degno di nota, da te curato e pubblicato, è “AA.VV., Il Futuro contro il Virus”. Una raccolta saggistica in cui diversi autori approfondiscono il tema del ruolo della letteratura e dell’arte nell’era pandemica. Quale ritieni sia il valore aggiunto di questo lavoro letterario?
Il Futuro contro il Virus, che ho curato e in cui ho contribuito, è stato un bel florilegio di autori diversificati, postvirus (purtroppo), un semplice segnale o input ancora per il futuro, pur nella coscienza, soprattutto dopo questo tragico evento epocale, di un avvenire stesso defuturizzato, senza illusioni, visto il mondo folle e in decadenza (anche la scienza sempre purtroppo… non solo la Politica mondiale) attuale, come anche questo inizio 2022 prova in termini inquietanti. Senza radicali nuovi paradigmi in ogni dinamica contemporanea, stiamo consegnando alle nuove generazioni un avvenire molto difficile… Per questo anche, nello specifico, ho recentemente nello specifico chiuso la stagione neofuturista… Il bivio è stato proprio nel nostro ex cruciale Duemila. Non è solo colpa dei Politici e di un Capitalismo finito come il Comunismo, lo stato delle cose globali nel mondo: Avevano Ragione (e Immaginazione..) E. Fromm e altri Futorologi o Scienziati o Artisti come Orwell. Gli umani, i popoli, hanno scelto Orwell e la Tecnocrazia o ancora il Passatismo, anziché la Libertà, la Democrazia e il Futuro. “1+1 fa ancora 2…nel Mondo Reale… ma siamo da tempo nel Mondo Orwelliano”. Grazie per questa intervista, Stefania e il miglior Futuro, in ogni caso.