Cultura

Gli Indici dei libri proibiti – l’Indice paolino e tridentino

Condividi

di Stefania Romito

 

Nel corso del XVI secolo la produzione editoriale aumentò con ritmi esponenziali. L’esigenza di una sistemazione bibliografica fu caratteristica dell’epoca e la “Bibliotheca Universalis” di Gesner (1545) costituisce uno dei più significativi monumenti alla libertà della ricerca scientifica rinascimentale.

Librai e tipografi avevano ormai appreso come rendere difficile l’identificazione di materiali scottanti utilizzando scritti anonimi e falsi frontespizi. Gli indici dei libri proibiti nacquero in questo contesto. La necessità di repertori del genere si era diffusa già prima degli indici romani (1559-1564), come per esempio i sei indici della Sorbona.

In Italia il primo indice venne stampato nel 1549 a Venezia sulla base di un accordo tra Inquisizione e Savi all’eresia (magistratura incaricata dalla Repubblica di vigilare sull’operato del Sant’Uffizio). Il catalogo presentava circa 150 divieti. Tale indice non venne mai promulgato, avendo suscitato l’immediata reazione dei librai e del Senato veneziano.

Nel 1559 uscì il primo indice romano. LIndice paolino fu l’unico predisposto dall’Inquisizione romana e fu il più severo della storia. Paolo IV mise da parte i vescovi a cui era riservata l’azione censoria e si affidò alla struttura inquisizionale. I fedeli erano obbligati a consegnare i libri appartenenti alle categorie proibite non ai vescovi, ma al Sant’Uffizio.

La struttura dell’Indice era suddivisa in tre categorie. Risultavano vietati anche quei libri che non riportavano sui frontespizi il nome dell’autore, dello stampatore, la data e il luogo di edizione, le opere di carattere astrologico e di magia.

La lettura della Bibbia e del Nuovo Testamento in volgare era consentita solo a seguito di una licenza rilasciata dal Sant’Uffizio che non poteva essere concessa alle donne e a chi non conosceva il latino.

Il Sant’Uffizio diventava il supremo arbitro di ogni produzione scritta. Nessuno spazio era lasciato all’autorizzazione laica. Le opere in volgare erano messe al bando in quanto ritenute oscene e immorali.

Immediate furono le reazioni. Inevitabile fu quella dei librai che si trovarono i magazzini pieni di merce invendibile. I librai romani chiesero una forma di indennizzo per le perdite, quelli veneziani decisero di non rispettare gli ordini. Vennero autorizzati a continuare le vendite fino a che il papa non si fosse deciso a pagare tutti i libri che si sarebbero dovuti gettare al rogo. Furono settimane di forte tensione tra l’inquisitore di Venezia e il Collegio che aveva autorizzato i librai a vendere i libri compresi nel catalogo. Alla fine le autorità veneziane autorizzarono la pubblicazione dell’indice, inducendo i librai ad adeguarsi con qualche riserva.

Giolito, il quale consegnò all’Inquisizione i libri di edizione straniera segnati nell’Indice, trattenne quasi tutti quelli stampati a Venezia.

L’elezione di papa Pio IV favorì l’accantonamento del catalogo paolino. Il nuovo papa si dichiarò favorevole a una revisione che contenesse le proibizioni dei soli libri eretici. Inoltre intendeva attenuare il potere del Sant’Uffizio, ristabilendo l’autorità dei vescovi nel campo del controllo della produzione libraria.

L’Indice tridentino (1564) rivedeva il precedente soprattutto per lo spirito e le norme generali. Restava la ripartizione in tre classi, ma Erasmo venne trasferito dalla prima alla seconda classe.

Per gli scrittori eretici veniva eliminata la proibizione di quelle opere estranee a questioni di fede. I volgarizzamenti della Bibbia rimasero soggetti al rilascio di una licenza specifica ma non si faceva più menzione delle discriminazioni a carico delle donne e di coloro che non erano in grado di leggere il latino.

Era introdotta la possibilità di espurgare quei libri che contenevano limitati passaggi criticabili.

Questo indice venne accettato senza difficoltà in tutti gli Stati italiani. All’estero avvenne il contrario: la Francia non riconobbe i decreti tridentini, i quali vennero invece pubblicati in Portogallo e Paesi Bassi spagnoli.

L’Indice rimase in vigore fino all’emissione del codice clementino (di papa Clemente VIII) del 1596. Il successore di papa Pio IV, papa Pio V bloccò la stampa di edizioni in volgare della Bibbia (1567). Nel 1571 affidò a una congregazione la preparazione di un nuovo codice con il proposito di sostituire il catalogo dell’Indice tridentino. Si intendeva recuperare il rigore dell’Indice paolino. Vennero ripristinate le proibizioni che a Trento erano state tolte. Questa lista venne accantonata così come anche i due indici del 1590 e 1593 che non furono mai promulgati.


Condividi

Stefania Romito

Stefania Romito è giornalista pubblicista e scrittrice.

Lascia un commento