La Luisa sciasciana si tinge di intrigo nella versione filmica diretta da Elio Petri
di Stefania Romito
Seppur legata alla tradizione, e da essa condizionata negli atteggiamenti e nel pensiero, il personaggio femminile di Luisa (in A ciascuno il suo di Leonardo Sciascia), interpretata da una magnetica Irene Papas, manifesta nel film una considerevole dose di determinazione nel voler affermare la propria impetuosa individualità che finirà per travolgere il Laurana-Volontè, non solo riguardo la conduzione dell’indagine ma anche da un punto di vista sentimentale.
A differenza del romanzo di Sciascia, la Luisa del regista Elio Petri, che diresse il film nel 1967, si impone come “personaggio chiave” affiancandosi al timido ma risoluto professore nella ricerca degli assassini del marito. Il regista, con molta probabilità, ha voluto accentuare ciò che Sciascia ha scelto soltanto di preannunciare. La donna in quegli anni (siamo alla vigilia della temperie sessantottina) aveva iniziato a rivendicare una certa autonomia di pensiero e di identità rispetto al ruolo di moglie e madre impostole dalla società. Una presa di distanza da quelle regole sociali precostituite che non poteva non causare nell’uomo (ancor più in quello siciliano maggiormente radicato alla tradizione) un inquieto smarrimento. Quel senso di disorientamento che finirà per annebbiare la vista all’ingenuo Laurana rendendolo vittima della seducente astuzia e arte manipolatoria della vedova Roscio.
La Luisa del film non solo costruisce l’intreccio, fingendosi pedina degli eventi, ma avrà un ruolo decisivo nella tragica sorte destinata al professore. Una figura femminile che veste panni diversi da quelli della Luisa originale, una Fiammetta boccacciana che affida al fascino del mistero la sua sensualità divenendo sempre più oggetto di desiderio dell’esitante protagonista. Quella donna del popolo, provocante e carnale, che suscita un irrefrenabile desiderio di fisicità in grado di rendere vulnerabile chi, come lui, dimostra di avere poca dimestichezza con il sesso. Un sentimento che lo turba nel profondo e che, non riuscendo a dominare, sceglie di reprimere.
Ma la volontà spesso soccombe alla casualità inducendo ad annullare ogni intento razionale e a lasciarsi andare al proprio istinto. Emblematico, in tal senso, è l’episodio del pullman sul quale Laurana incontra Luisa che lo invita a sedersi accanto a lei, nell’unico posto libero. Ogni resistenza è vana se si gioca contro un destino che rivendica un diritto naturale. Quella emozione intensa e sconvolgente che il professore a tratti osteggia e a tratti asseconda, causa del suo dissidio interiore. Un tormento che si disvela in un altro episodio significativo, quello ambientato al cimitero dove Laurana si reca insieme all’anziana madre. Qui i due si imbattono nell’afflitta vedova Roscio accovacciata davanti alla tomba del marito. Alla vista del frammento di gamba nuda della donna, l’uomo ha un forte turbamento. Ma ciò che lo sconvolgerà nel profondo sarà il constatare di “essere fatto della stessa pasta” di quei due giovanotti che, eccitati, spiavano la donna di nascosto.
Ma è riguardo al ruolo dell’avvenente vedova Roscio, nella drammatica sorte riservata al professore, che il regista allunga ulteriormente la distanza rispetto al modello letterario.
Se nel romanzo è difficile intuire un reale coinvolgimento di Luisa nell’uccisione di Laurana (soltanto alla fine si comprende una complicità con l’avvocato Rosello, suo cugino, poiché accetta di fidanzarsi con lui), nel film la volontà di Luisa di tradire Laurana si rivela nel momento in cui l’abbandona in quel luogo sperduto vicino al mare, lasciando che venga raggiunto dai sicari che poi lo uccideranno.