Acciaio, intervento Pulpo e Lenoci
Intervento del vicepresidente di Confindustria Taranto Vladimiro Pulpo
e del Presidente della sezione metalmeccanica di Confindustria Taranto Antonio Lenoci
In questi mesi di grande confusione, in cui alle incertezze già palesatesi in autunno riguardanti il rincaro delle materie prime e dell’energia, si sono aggiunti i pesanti effetti del conflitto in Ucraina, diventa quasi d’obbligo fare il punto sul “polso” delle nostre imprese, quelle che operano a Taranto e provincia, e cercare di valutarne condizioni e prospettive. Più di altre, a soffrire degli attuali scenari sono sicuramente le aziende cosiddette energivore, ma riteniamo che una menzione a parte meriti chi opera nel settore della metalmeccanica, un comparto strettamente legato alle sorti della grande industria siderurgica ed allo stesso tempo tutt’altro che immune rispetto agli effetti derivanti dalla terribile guerra in corso.
Il conflitto va ad aggravare la già compromessa situazione della filiera, che subisce il blocco delle importazioni di materie prime di cui l’Ucraina, in particolare, è grande esportatore. Per ovviare al blocco dell’import di materie prime, l’unica soluzione è rivolgersi ad altri mercati: una soluzione che non risponde a nessuna logica quando la produzione di acciaio è, come nel nostro caso, a chilometro zero.
La premessa è d’obbligo per affermare che mai come in questo momento la produzione del nostro centro siderurgico va tutelata, perché i venti di guerra non consentono di tracciare prospettive di alcun genere.
Attualmente, sul fronte acciaio, sia la Russia (con 2,4 milioni di tonnellate) sia l’Ucraina (2,8 milioni di tonnellate) sono responsabili, ciascuna, di poco più del 20% dei prodotti di base destinati all’industria siderurgica e meccanica italiana. (fonte Sole 24ore).
Una parte del settore siderurgico italiano, a sua volta alla testa dell’intera filiera della meccanica del secondo paese manifatturiero d’Europa, si potrebbe trovare pertanto, a breve, di fronte ad un complesso percorso di diversificazione dell’import.
In questo clima di estrema incertezza, rischiamo, noi imprenditori del settore ma non solo (quella della siderurgia e della meccanica è una lunga filiera) di fermare parte delle nostre attività per mancanza di prodotti indispensabili alla nostra produzione.
È per questo che non condividiamo, al di là delle motivazioni, lo sciopero proclamato dai sindacati per il prossimo 6 maggio, e che riteniamo invece che in un momento come l’attuale sarebbe opportuno fare massa critica e rivendicare risposte alle tante istanze ancora in piedi richiedendo un tavolo di discussione al Mise senza compromettere ulteriormente la produzione e creare ulteriori fratture.
Un tavolo dal quale emergano chiaramente risposte sui piani industriale e ambientale, sui processi di decarbonizzazione, sulle risorse da mettere in campo e quindi sul futuro dello stabilimento. Un futuro che è già oggi, perché alle già molteplici incognite che gravano sulla fabbrica, si legano, come già detto, le ripercussioni di un conflitto di cui non possiamo conoscere, al momento, né durata né conseguenze, che potrebbero protrarsi nel tempo con effetti non più gestibili.