Dino Buzzati e l’emancipazione sessuale nel romanzo “Un amore”
di Stefania Romito
Tra Laide e Dorigo, protagonisti del romanzo Un amore di Dino Buzzati (Mondadori, 1963), si avverte fin da subito una profonda empatia. Non c’è disagio tra loro. Buzzati ci descrive il momento di intimità in maniera molto naturale, limitandosi a sottolineare la mancanza di pudore della ragazza.
Nella versione filmica (diretta da Gianni Vernuccio nel 1965) nel dialogo tra i due, preliminare al momento intimo, si inizia a percepire uno degli aspetti fondanti della storia, ossia la distanza generazionale che la ragazza tenderà sempre a sottolineare nel rapporto che seguirà, creando disagio e fragilità nell’uomo.
Laide non perderà mai occasione di evidenziare l’eccessiva austerità di lui, soprattutto riguardo il suo abbigliamento. Il regista sembra voler porre in evidenza il contrasto generazionale che si riflette in una dicotomia di classi: lei giovane e popolaresca, lui borghese e di mezza età. Una distanza generazionale che viene rimarcata maggiormente nel film piuttosto che nel romanzo.
Dopo quel primo momento intimo, Dorigo si rende conto che quella ragazzina non è come tutte le altre. Senza che se ne sia reso conto, lei gli è già entrata nell’anima. Mentre Laide si sta vestendo in bagno, Dorigo si interroga su chi realmente sia quella ragazza e sul motivo che la spinge a prostituirsi. Tenta di delinearne un ritratto. Guardando fuori dalla finestra scorge in lontananza il quartiere popolare dal quale lei proviene e, quasi come se potesse volare sui tetti di quelle case, si immagina quale possa essere la sua vita.
Quando la rivede la seconda volta, Antonio rimane piuttosto deluso. La ragazza gli appare più trasandata nell’aspetto e sembrano più marcati i suoi modi popolari. Viene a sapere che vive con la sorella e che i genitori li ha persi diversi anni prima. L’attività di ballerina alla Scala le consente di godere di una certa libertà. Lui tenta di farsi dare il numero di telefono, ma lei non lo accontenta sostenendo che per rivederla può recarsi al Due (noto locale milanese) dove si esibisce come ballerina.
Da un lato Dorigo è tentato di approfondire la sua conoscenza, ma al contempo già sa che presto si stancherà di lei. Una volta soddisfatta la curiosità, chiederà alla signora Ermelina di incontrare qualche altra ragazza. Dorigo adorava frequentare le ragazze squillo, non tanto per giudicarle, quanto piuttosto per effettuare una analisi della società del suo tempo. Laide incarnava perfettamente l’immagine di ragazza del popolo che si crede infallibile e che fa di tutto per entrare negli ambienti altolocati, illudendosi di farne parte.
«Entravano come ospiti di riguardo nelle “garsonnières” dei miliardari ma se piantavano grane o non si sottomettevano docilmente ai capricci più osceni e umilianti, o chiedevano diecimila lire in più, venivano magari poi cacciate a sberle, da uomini ubriachi, con epiteti infamanti, tal quale le infime da marciapiedi. Ostentavano la conoscenza delle sarte di lusso e dei grandissimi alberghi internazionali, raccontavano di frequentare i “nights” d’alto bordo, nei negozi erano incontentabili e altezzose, per la via camminavano col piglio sdegnoso di principesse irraggiungibili ma poi, per un biglietto da cinquemila, correvano trafelate a soddisfare, nell’alberghetto vicino alla stazione, la lussuria di un sensale cinquantenne, grasso e sudicio, che le trattava come serve».
Ragazze che si illudevano di essere padrone della propria libertà, ma che finivano per bruciarsela distruggendo se stesse.
Con questo romanzo Dino Buzzati effettua un ritratto impietoso di quella che era ai suoi tempi l’incipit di una emancipazione femminile che guardava alla libertà sessuale come a una vittoria incontrastata e inalienabile. Una vittoria, però, che schiaccia tutto, principalmente la dignità annientando l’anima.