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“Primo” Festival Internazionale di Poesia Civile e Contemporanea del Mediterraneo: l’attrattore turistico-culturale che Taranto dimentica

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“Primo  Festival Internazionale di Poesia Civile e Contemporanea del Mediterraneo” nasce a Taranto nel 2019, organizzato dall’Associazione Contaminazioni.

Con “non” sorpresa abbiamo appreso dalla stampa locale che il neo (veterano) assessore alla Cultura Fabiano Marti, in una nota stampa, elogia la resistenza degli operatori culturali del territorio: «Nonostante difficoltà, estate tarantina ricca di eventi», questo è l’attacco del suo comunicato.

Bene il riconoscere il lavoro dei tanti cittadini e associazioni che s’impegnano per realizzare iniziative culturali per la città, ma non si capisce perché un assessore debba o possa fare un elenco includendo o escludendo a suo piacimento le alte realtà locali. Qual è il suo ruolo? Ci piacerebbe capirlo.

In quattro edizioni, dal 2019 al 2022, “Primo” Festival, con i componenti del team operativo, ha compiuto lo sforzo immane di misurarsi con una città anestetizzata dal dolore e dal peso del ricatto occupazionale. Ciononostante, è riuscito, grazie anche alla vittoria di bandi regionali da parte dell’associazione, l’ultimo dei quali vinto con 84/100, ha imporsi sul territorio come una presenza fissa, capace di generare collaborazioni e legami in tutta la penisola e persino oltre oceano, ridestare le memorie perdute, far rivivere e conoscere i luoghi, ripercorre la storia cittadina e connettere donne, uomini, culture e idee e tutto questo sotto il segno del linguaggio che, per sua caratteristica ontologica, è l’universale per eccellenza: la poesia.

Dal 2019, “Primo” porta avanti un’importante opera di denuncia e di resistenza, convergendo nel più ampio progetto denominato “La Restanza. La resilienza di chi resta”, un <<progetto di riattivazione di comunità, socioculturale, con l’obiettivo di realizzare attraverso la cultura, le arti e soprattutto la parola, per mezzo della poesia, una nuova visione di città dialogante e protagonista del proprio sviluppo economico-sociale, turistico. Inserendosi in tale ottica, la prima edizione ha preso il titolo di “Chiedi alle polveri”, svoltasi in un quartiere di Taranto, il Quartiere Tamburi. Un quartiere di periferia, salito agli onori della cronaca per questioni ambientali, e che, per primo avrebbe bisogno di presenza che si fa radicamento, da parte di privati e istituzioni>>.

Il titolo trae spunto dal capolavoro di Fante “Chiedi alla polvere”. «Nella storia di Fante, tradotta da Arturo Bandini, la polvere è il simbolo di un’aspirazione al successo tale da far superare i sogni alla realtà, tale da portare all’infelicità. […] Quella “polvere”, negli anni ‘60, era per il sud, per Taranto, per il quartiere Tamburi, una manna dal cielo.
A distanza di 50 anni vissuti convivendo con l’industria, l’omologazione culturale, economica e di sviluppo non rappresenta più l’ideale, l’identità della comunità che vuol sentirsi non più emarginata negli spazi e nelle coscienze ma portatrice di nuove realtà.».

Già durante questa prima edizione il festival si è reso latore di importanti connessioni extra-territoriali e di sodalizi; inoltre, ha portato qui, nella Città dei Due Mari, poeti laureati, autori locali, nazionali e internazionali di grande rilievo, come: Jack Hirschman, Maram al-Masri, Sotirios Pastakas, Soumalia Diawara, Bruno Tognolini, Flaminia Cruciani e molti altri…

Anche in piena pandemia il festival non si è fermato e ha continuato a puntare i riflettori sulla città. Anzi. Esso ha portato avanti l’opera di tessitura di parole e legami, creando congiunzioni fra Taranto, il Mediterraneo tutto e il mondo. Grazie a un’eccezionale, ma non per questo meno avvincente, edizione online, “Primo” è riuscito quindi ad esportare il “brand” Taranto in molteplici nazioni contemporaneamente. Un ottimo traguardo, avente come filo di Arianna la cultura, tarantina, jonica e mediterranea anzitutto.

Ma il festival ha continuato ad esportare e creare cultura anche nelle edizioni seguenti. In quest’ultima edizione, in particolare, rifacendosi a Dante, tanto da portare il titolo di “VII Cielo. Voice & Experience Sense”, il festival si è posto l’obiettivo di volgere lo sguardo al cielo e di ritrovare quella <<semenza>> umana di cui il Vate ci ha ricordato l’importanza essenziale. Nel farlo, l’organizzazione ha voluto valorizzare diversi punti di forza di Taranto, diventando “itinerante”, trasportando la valigia della poesia in diversi punti della città, dal Borgo Antico a quello umbertino, da luoghi pubblici a privati. A ciò, se non bastasse, va aggiunta l’attenzione tenuta nei confronti del settore agro-alimentare, che ha portato “Primo” a stringere importanti collaborazioni, come quella con la Confcommercio di Laterza, e a porre l’accento sui prodotti tipici, traino dell’economia locale.

Insomma, “Primo” ha valorizzato, sin dal primo giorno, la cultura pugliese, tarantina in particolare, spaziando fra le arti (Scrittura, arti visive, danza, musica tradizionale e non), includendo artisti e autori emergenti del territorio e creando indissolubili amicizie fra la città di Taras e Falanto e gli altri luoghi meticci come noi del Mediterraneo. Si ricorda, inoltre, che “Primo” reca questo nome perché primo e unico del suo genere nel nostro territorio; prima di lui, nessun altro si era fatto vessillo della poesia contemporanea, civile, mediterranea e internazionale al contempo.

Tenendo conto di tutto ciò, oltre che degli attestati di stima del pubblico, della risonanza mediatica, in Italia e all’ Estero (Basterebbe ricordare la condivisione da parte dell’Ambasciata di Malta, di testate internazionali e nazionali), della stretta adesione all’agenda 2030 e la vittoria dei bandi PiilCultura, risulta naturale chiedersi:

Come mai un festival del genere, volto a valorizzare il territorio tarantino e i suoi talenti, in cui un esponente della giunta, l’Assessore Mattia Giorno, ha portato i saluti dell’amministrazione, non viene inserito nella lista dei festival del territorio da parte di quello che dovrebbe essere il referente massimo e tutore della cultura della città, ossia l’Assessore alla Cultura Fabiano Marti? Perché, nonostante non sia nemmeno terminato, dato che la rassegna avrà fine a ottobre, ci si dimentica di lui? Cos’è che questa non va: il titolo, anche se quest’anno non è Chiedi alle Polveri, che tanto poteva minare l’immagine della città, così ci fu comunicato, oppure sono le idee o le persone che non vanno?

 

Tiziana Magrì

Presidente


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Redazione Oraquadra

La redazione.

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