Stefania Romito tra sensualità ed estasi nel seducente “Delyrio”
di Otello Marcacci*
I libri di Stefania Romito sono come conforto per l’anima. Lo so, detta così può sembrare la classica inutile banalità. Lasciate allora che vi spieghi meglio. Quando le finzioni sperimentali stanno schiacciando il cervello o nient’altro sta davvero facendo girare il motore, se si prende un romanzo della Romito tutto va di nuovo a posto. Saremo trattati con un pasto delizioso, salato e con una miscela di delizie.
Perché riconosco queste cose? Il fatto è che anche io, come Stefania, ho un amore radicato per la dolcezza delle parole, per l’intreccio tra lirismo e prosa, per quel tipo di linguaggio che, insomma, diventa musica. E sotto questo punto di vista Stefania non mi delude mai. Delyrio (La Bussola – Aracne), il suo nuovo romanzo è accogliente senza essere noioso o saccente. Non rende depressi; non pizzica le croste, cercando di aprire una ferita in via di guarigione; non fa sguazzare nelle acque torbide della nostalgia. Le sue parole armoniche sono così riuscite a completare qualsiasi stato d’animo o luogo psichico in cui mi sono trovato a leggerlo.
Stefania Romito, in Delyrio guida verso uno spazio in cui fantasia e realtà decidono di avere una bella conversazione. La sua “realtà” è vasta e stravagante, piega la mente in modo stimolante, ma obbedisce alle sue stesse regole e porta il lettore a fare un bel giro a suo modo tragico, nel senso greco del termine, ma inevitabile nell’immensità. Il “mito” sotteso e mai sbattuto in faccia è molto più prosaico e pacato, ma è chiaramente troppo sereno per essere realtà. Il romanzo è difficile da riassumere: è futuristico e surreale con fili separati che alla fine si uniscono per formare un insieme coeso perché con Stefania Romito non sei sempre sicuro di dove stia andando tutto, ma il viaggio è sempre interessante.
Credo che si abbia a che fare con il tentativo della mente di fondere insieme pezzi sconnessi, colmando eventuali lacune logiche con i propri intrugli, più che con l’intenzione della scrittrice. Sì, Stefania Romito fornisce molti pezzi del puzzle, ma il cervello del lettore deve richiamare al volo tutti i pezzi mancanti dell’esperienza passata o la pura creazione da parte del subconscio di narrativa aggiuntiva. Naturalmente, questo è il caso di qualsiasi pezzo di finzione, ma gli abissi che attraversiamo volentieri con la Romito sono una testimonianza del suo potere di scrittrice: il potere di coinvolgere qualcuno nella storia, di piegare l’esperienza di lettura con la storia stessa.
Se dovessi paragonarlo a qualcosa che ho letto prima sarebbe, forse anche curiosamente, L’Uomo nel Buio e come il romanzo di Auster, Delyrio è intelligente, molto intelligente.
Delyrio è un po’ come il simbolo ospedaliero di un serpente avvolto intorno a un coltello. Per capirlo, leggete il libro. Non posso descriverlo meglio di così.
Forse è il commento della Romito alla vita: la verità è più strana della finzione, specialmente quando la finzione è basata su una verità basata sulla finzione.
*Otello Marcacci è autore di numerosi libri tra cui “Gobbi come i Pirenei” (NEO Edizioni), “Il ritmo del silenzio” (Edizioni della Sera),“La lotteria” (Officine Editoriali), “Sfida all’OK Dakar” (NEO Edizioni), “La terra promessa – autobiografia Rock” (Les Flaneurs editore) e “Tempi Supplementari (Ensemble edizioni).