IL BUONGIORNO DI PINA COLITTAPRIMO PIANOWellness

Il Buongiorno di Pina Colitta. La fotografia: oblio e memoria

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“Questo nuovo istinto a fotografare tutto, non tanto le cose, quanto la memoria delle cose (non fotografi “Il cappuccino”, ma “il fatto che quel lunedì, a mezzogiorno, stavi bevendo un cappuccino”) è una specie di condanna al ricordo da immobili.”
Roberta Scorranese

Una foto, quindi, è memoria e oblio allo stesso tempo, in un incessante tensione, che ovviamente corrisponde a quel bisogno, che dentro di noi è di continuità, spesso, con un passato emotivamente trasfigurato e idealizzato.

Eppure, il nostro presente, invece, ci suggerisce sempre l’esigenza di una discontinuità dettata dalla fluidità di questa nostra realtà, che incombe. Il dimenticare non è un dramma necessariamente, non implica uno stato d’animo melanconico, non è una perdita irreparabile perché il passato spesso si dimentica e si modifica in ragione di un investimento emotivo necessario per viverci il presente.

Eppure è necessario tenere acceso un faro sul passato e far leva sul filo di speranza che autorizza a non vedere la storia, come un processo già determinato, senza luce e senza riscatto, come qualcosa da rimuovere. E qui entra in scena l’immagine, la fotografia che segna le trame del passato che è capace di tenere vivi i ricordi e di indurre ad un melanconico oblio e quindi la fotografia diventa un documento di eccezionale attendibilità, diventa la nostra storia. E sì perché la storia siamo noi e per essere tali abbiamo bisogno che ogni tanto qualcosa del passato riemerga, anche sotto forma di immagine, per ricordarci chi siamo stati e soprattutto per ricordarci che, se oggi siamo ciò che siamo, è perché qualcosa ha segnato le nostre vite nel passato.

E oggi nessuno potrebbe pensare per esempio quanto la fotografia rappresenta una maniera di essere visto e affrontato, seppur dopo la morte.

È infatti proprio quella foto che ci permette di vedere e di ricordare una persona che non c’è più, così come noi la vogliamo ricordare, attraverso un’espressione, attraverso un modo di essere, che è quello che noi vogliamo conservare indelebile nella mente.

Sicuramente alla fotografia è da attribuire il valore di uno strumento di comunicazione immediata, per ogni fascia di popolazione, per ogni età soprattutto quando è faticoso apprendere, è faticoso avere a che fare con la scrittura.

Una foto immediatamente può descrivere una pagina intera di emozioni, può descrivere una pagina intera di sensazioni.

La fotografia indica la relazione che l’essere umano può intrattenere col mondo, la maniera in cui può interagire, per fermare un momento che non sarà più ripetibile nel tempo, per costruire una certa immagine seguendo una propria inclinazione.  Fotografare vuol dire catturare quell’immagine, che non potrà più riprodursi e ed è nostra per sempre.  Nella foto ci sarà lo sguardo di chi l’ha percepita di chi l’ha riprodotta! Dietro ogni foto c’è l’illusione di aver arrestato la fuga del tempo, ma di avere anche potuto effettuare un viaggio a ritroso nella memoria. La foto cristallizza il ricordo e restituisce quello che si è visto, anche quando sono passati tantissimi anni, anche quando si è lontani da quei luoghi da quelle persone.

È favoloso in una foto immobilizzare un volto, cogliere un attimo, un gesto, una luce, una situazione e così quella foto, ripescata dai ricordi, può far parlare quel soggetto che lo raffigura…

“Si vede solo con il cuore, l’essenziale è invisibile agli occhi.”
A.de Saint Exupery


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