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La trozzella, il misterioso vaso simbolo dei Messapi

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La trozzella è il tipico vaso/anfora Messapica e rappresenta l’oggetto simbolo di questo popolo. Comparve nelle tombe del IV secolo a.C. e scomparve nel III sec. Ha un corpo ovoidale leggermente ristretto nella parte inferiore e delle asole nastriformi che terminano all’estremità con quattro rotelle che ne conferiscono un aspetto caratteristico. Questo vaso tipico della zona messapica era usato nelle sepolture femminili di donne di alto rango e di sacerdotesse. La sua notorietà presso gli antichi era tale che era stampato anche su alcune monete come quella di Ceglie Messapica.

Il nome trozzella è di origine dialettale e le venne dato dagli studiosi per via delle quattro asole che sembravano quattro trozze, termine dialettale con cui si indicavano le carrucole dei pozzi. Secondo alcuni le quattro asole servivano per infilare le corde per calare la trozzella nel pozzo e attingere l’acqua. Una ipotesi non verosimile vista l’impossibilità di far scorrere corde troppo sottili per sorreggere un vaso di quelle dimensioni, oltre che per la mancanza di bilanciamento da ogni lato. Ma vi è di più. E’   un dato certo che i Messapi utilizzavano un altro metodo per attingere l’acqua dai pozzi, il cosiddetto ampauddrhi, un ferro simile ad un’ancora sul quale si infilavano più contenitori di argilla che servivano per raccogliere l’acqua.

L’associazione delle monete con le trozzelle da un lato, con la dea Atena dall’altro, fa ritenere che avessero una funzione sacra probabilmente legata alla medicina di cui Atena era la patrona. Tale deduzione si fa anche in base alle decorazioni presenti sulle trozzelle formate da figure geometriche che dovevano essere la stilizzazione di qualcosa di preciso, forse un fascio di erbe o, comunque, piante medicinali. Secondo alcuni studiosi stante la presenza su alcune trozzelle di scene acquatiche con rane, oche e animali della palude, simboli della dea Japigia, è probabile che queste anfore fossero collegate al culto dell’oppio. Gli stessi manici con le trozze richiamavano le forme delle capsule dell’oppio dal punto di vista della stilizzazione. Ad ogni modo poiché la forma del contenitore richiama quella dei vasi dell’acqua è probabile che questi fossero destinati non tanto a contenere semi di oppio, ma la cosiddetta acqua dell’oblio, come la chiamavano i Greci e i romani, che conduceva nell’aldilà e che serviva  nel culto di Asclepio per scopi Medici.

L’associazione con l’acqua della trozzella è confermata anche dal fatto che l’anfora contadina salentina molto simile viene ancora oggi chiamata minzana come il dio messapico dell’acqua e della pioggia. L’acqua preparata con i semi di oppio per indurre l’oblio nei riti messapici per la guarigione dei malati. Forse questa è la soluzione al mistero della trozzella.


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Pierpaolo Piangiolino

Avvocato e grafologo giudiziario iscritto all'albo dei CTU e periti del Tribunale di Taranto. Calligrafo e Tecnico di Biologia Marina specializzato presso l’Università di Bari. Romanziere, vignettista e cruciverbista

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