ApertamenteAppunti di StoriaArcheologiaCronacaCultura

E se l’atleta di Fano fosse una statua di Taranto?

Condividi

In questi giorni si sta parlando molto dell’atleta di Fano, la statua bronzea del IV secolo rinvenuta in mare all’altezza di Fano, contesa fra Italia e d’America. E’ ormai ufficiale che la statua, acquisita al mercato nero ed attualmente presso il Getty Museum di Los Angeles dovrà tornare in Italia sulla base di una sentenza della Corte europea di Strasburgo malgrado le proteste del museo statunitense. L’istituzione americana malgrado la sentenza continua a sostenere che la statua, ritrovata da pescatori Italiani nel mare di Fano nel 1964, acquisita dalla famiglia Bardetti per tre milioni di lire, nascosta in una Canonica per anni e poi venduta al Getty in un’asta londinese nel 1977 per Quattro milioni di dollari, debba rimanere in America perché trovata in acqua internazionale e quindi per questo non italiana ed, inoltre, perché il carico proveniva dalla Grecia, sebbene posto su una nave romana. Argomentazioni controbattute dal governo italiano che giustamente ha fatto rilevare che quand’ anche in acque internazionali il pescareccio che ha ritrovato la nave romana che la trasportava batteva bandiera italiana. Fin qui tutto bene, ma su questa vicenda c’è un aspetto che nessuno sta prendendo in considerazione e che merita più attenzione. Da dove veniva la nave romana? Gli americani sostengono che la statua attribuita dopo attenti studi alle Lisippo provenisse dalla Grecia insieme ad un carico di altri reperti. Una ipotesi possibile, ma improbabile secondo il sottoscritto. Vediamo il perché. Per avere un’idea sulla provenienza e risolvere questo enigma bisogna partire necessariamente proprio dall’autore della Statua, ovvero Lisippo. Come è noto Lisippo lavorò come scultore prevalentemente in Grecia, ma non solo. Egli lavorò anche in Italia in un solo luogo accertato come è scritto in tutti i libri: Taranto. Qui realizzò per certo due statue di grande importanza. La prima è il colosso di Zeus la statua più grande del mondo antico prima del Colosso di Rodi, realizzata peraltro dal suo allievo Carete di Lindo. E in secondo luogo il colosso di Ercole posto nell’agorà di Taranto. Ma andiamo oltre e passiamo alla descrizione. La statua rappresenta un atleta vittorioso che si incorona. Il giovane solleva il braccio destro nell’atto di poggiare con alcune dita la corona sul capo. Il braccio sinistro è invece abbandonato in basso in posizione leggermente arcuata. Il volto è quello di un giovane uomo privo di barba con capelli corti raccolti in ciocche.  La struttura compositiva del corpo dell’atleta di Fano segue un andamento a forma di esse che è tipico delle strutture stanti di Lisippo. Si osserva infatti che il capo è leggermente rivolto a destra e il busto e il collo invece sono rivolti a sinistra. La nudità dell’atleta ha un valore simbolico e rappresenta nella cultura classica l’eroismo, la vittoria. La statua è stata fusa in bronzo con l’integrazione di altri materiali, come per esempio il rame che costituisce i capezzoli, mentre gli occhi erano in pasta vitrea o pietre dure. L’opera è mutila dei piedi e, quindi, non è possibile valutare perfettamente la sua altezza. Nonostante ciò è proporzionata e realistica. Ora sappiamo che Lisippo nel realizzare le statue teneva molto in conto quelle che erano le dimensioni reali di un corpo umano. Era una sua caratteristica questo spiccato realismo e questo aspetto è molto rilevante anche ai fini di una valutazione di chi possa essere stato l’atleta in questione. Nella Magna Grecia ci sono stati atleti di un certo rilievo fra questi i più importanti sono il Tarantino Icco e il crotonese Milone. Andando per esclusione Milone non può essere l’atleta rappresentato per via della sua struttura ipertrofica, ampiamente descritta nei resoconti antichi, che ne fanno sostanzialmente il primo culturista della storia e perché Lisippo non lavorò mai per Crotone. Discorso diverso per Icco di cui non abbiamo una descrizione fisica, ma sappiamo quali sport egli praticasse e possiamo dedurla da alcuni aspetti. Sappiamo per esempio che fu un famosissimo atleta vincitore del Pentathlon nella settantasettesima Olimpiade e che a lui venne dedicato un monumento nel tempio di Era ad Olimpia, ma siamo anche a conoscenza che fu famoso anche come ginnasiarca e maestro dei più Valenti ginnasti della sua epoca. Un motivo in più per erigergli una o più statue. Di lui si racconta inoltre che era un esempio nella vita per sobrietà, sostenitore della Temperanza fisica e della continenza alimentare attinente un regime dietetico semplice e frugale. Tutte caratteristiche esteriori che emergono dal realismo dell’atleta di Lisippo osservando il corpo di questa statua. Emerge infatti un fisico asciutto, forte, ma non eccessivamente muscoloso e ciò ci riporta inevitabilmente a pensare proprio Icco. Ma ci sono anche ulteriori elementi che ci riportano a Taranto. Così come per il pugile a riposo attribuito anche questo a Lisippo (o a un suo allievo) che secondo alcuni raffigurerebbe un pugile Tarantino, Mys, anche l’atleta di Fano ha una sua logica che lo riporta a Taranto. Ed è la considerazione primaria dello sport e del fisico che gli spartani avevano nella loro cultura che ci riporta alla Taranto spartana e ad Eracle, fondatore dei giochi sacri di Olimpia e principale divinità di riferimento degli Jonici. Non possiamo  dimenticare che nella cultura spartana di Taranto lo sport aveva una valenza importantissima e gli sportivi erano tenuti in altissimo rilievo fra i cittadini, appunto quali emuli di Eracle stesso. Testimonianze di questo passato sono ancora oggi il sarcofago dell’atleta di Taranto,  conservato nel museo della Magna Grecia e la tomba degli atleti da cui emerge lo sfarzo e l’attenzione dedicata dai Tarantini ai propri beniamini. Un motivo in più per credere che anche l’atleta di Fano fosse una statua proveniente proprio dalla città Jonica, molto più vicina della Grecia nelle difficili navigazioni degli antichi lungo la costa, una statua che raffigurava molto probabilmente uno dei più grandi atleti Tarantini, e magari proprio Icco. Non si può dire con certezza, ma non si può neanche sostenere il contrario.


Condividi

Pierpaolo Piangiolino

Avvocato e grafologo giudiziario iscritto all'albo dei CTU e periti del Tribunale di Taranto. Calligrafo e Tecnico di Biologia Marina specializzato presso l’Università di Bari. Romanziere, vignettista e cruciverbista

Lascia un commento