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Il segreto della conquista Normanna della Puglia e del Mezzogiorno d’Italia.

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I Normanni arrivarono nel Mezzogiorno d’ Italia e in Puglia in piccoli gruppi ponendosi dapprima al servizio di signorotti locali come mercenari, conquistandone la fiducia ed, infine, ottenendo le ricchezze e possedimenti dai quali estesero le loro conquiste a tutto il Meridione. Malgrado l’esiguo numero e il confronto con i temutissimi Longobardi che Paolo Diacono definì i più feroci fra i barbari venuti in Italia, oltre che con gli organizzatissimi Bizantini essi si imposero a tutti, pur essendo numericamente inferiori. Secondo molti studiosi il segreto delle vittorie normanne era nella fisicità di questi guerrieri di origine vichinga, ma questo in realtà non è vero, in quanto anche i Longobardi erano di origine scandinava e come dice Paolo Diacono “alti come Torri”.  Anche i bizantini non erano da meno potendo contare su un esercito numeroso rinforzato dalla cosiddetta guardia variaga composta da soldati vichinghi provenienti dal nord Europa. Viene allora da chiedersi come fecero i Normanni ad imporsi malgrado numericamente inferiori, meno organizzati e senza una fanteria?  Un motivo c’è. Il segreto delle vittorie che spalancarono agli Altavilla ed altre famiglie normanne la conquista dell’Italia Meridionale e della Puglia era nella tecnica di combattimento che usavano questi abilissimi guerrieri di origine vichinga che si basava sui cosiddetti conRois. Ma cosa erano i conRois e perché divennero così importanti per le vittorie normanne? A differenza degli altissimi Longobardi armati sostanzialmente alla stessa maniera dei Normanni, ma che combattevano al modo dei barbari basato sul confronto individuale e dei Bizantini che si imponevano grazie al corpo scelto di fanteria della Guardia variata composta dai fanti vichinghi, i normanni basavano la loro forza su unità di Cavalleria pesantemente armata chiamate appunto conRois formate da gruppi di 20-25 uomini. La tecnica utilizzata dai conrois si basava su cariche di cavalieri affiancati e serrati che sbaragliavano il nemico come un vero e proprio muro impenetrabile in movimento. Cavalieri e cavalli erano dotati di pesanti armature che li proteggevano in ogni parte del corpo in modo tale che nessuno ostacolo era in grado di resistere. I resoconti distruttivi di queste cariche sono davvero tanti. Nella battaglia di Castrogiovanni, per esempio, in Sicilia nel 1061, Roberto il Guiscardo con appena un migliaio di soldati raggruppati in conRois di 25 uomini sbaragliò l’esercito musulmano formato da 15.000 unità di cavalieri e 100.000 fanti costringendoli a rifugiarsi all’interno del castello di Castrogiovanni, dopo aver lasciato sul campo quasi diecimila vittime. Queste stesse tecniche di combattimento furono usate anche nelle crociate dai Normanni i quali col tempo perfezionarono le loro tecniche di combattimento inserendo nel loro esercito Arcieri e Fanti musulmani ed impararono dai bizantini le tecniche di assedio nelle quali erano completamente carenti attraverso gli insegnamenti che ne ricavarono sul campo. Malgrado la sua fama, a detta dei contemporanei, il guerriero Normanno formidabile a cavallo nelle sue unità serrate, era debolissimo quando appiedato in quanto appesantito dall’armatura che ne limitava i movimenti. Resta a noi l’insegnamento e l’esempio di questi grandi guerrieri che sebbene in pochi hanno lasciato una impronta indelebile nella storia medievale dell’Italia meridionale e della Puglia.

 

 

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Pierpaolo Piangiolino

Avvocato e grafologo giudiziario iscritto all'albo dei CTU e periti del Tribunale di Taranto. Calligrafo e Tecnico di Biologia Marina specializzato presso l’Università di Bari. Romanziere, vignettista e cruciverbista

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