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Alla scoperta del radicalismo filosofico di Manlio Sgalambro

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di Stefania Romito*

Nel vasto panorama della filosofia contemporanea, la figura di Manlio Sgalambro, del quale quest’anno si celebrano i cento anni della nascita, emerge come una delle più radicali e anticonformiste, capace di esplorare senza esitazioni gli aspetti più cupi della condizione umana. Il suo pensiero si radica in una visione dell’esistenza profondamente disillusa, priva di consolazioni e illusioni, un approccio che spinge a confrontarsi senza filtri con la sofferenza e la mortalità.

Avvicinarsi a Sgalambro significa aprirsi a un mondo in cui il dolore non è qualcosa da rifuggire ma un elemento centrale, un fattore che arricchisce e che permette di cogliere il vero volto della vita. Un’opera emblematica in questo senso è “De Mundo Pessimo”, in cui Sgalambro svela una visione del mondo priva di qualunque idealizzazione. La realtà, per Sgalambro, non è semplicemente un luogo imperfetto o impervio, ma un luogo “pessimo”, un contesto segnato da ingiustizia e crudeltà, in cui ogni tentativo di trovarvi un senso si rivela una costruzione illusoria. Non c’è spazio per la consolazione nel suo pensiero, e questa mancanza è proprio ciò che rende la sua filosofia così affascinante, spingendo il lettore a una riflessione sincera e senza compromessi. Uno dei punti centrali della critica di Sgalambro riguarda la modernità, che egli considera una fase storica dominata dal consumismo e dalla standardizzazione culturale. L’uomo moderno, secondo il filosofo, ha disimparato a soffrire e, con questo, a vivere pienamente, poiché ha perso la capacità di accogliere e accettare la sofferenza come parte dell’esperienza umana. Sgalambro vede nei presunti “progresso” e “benessere” solo illusioni che nascondono una realtà priva di significato. La tecnologia, i miglioramenti materiali e le comodità moderne non colmano il vuoto esistenziale che affligge l’uomo, il quale si trova, anzi, sempre più alienato e privo di consapevolezza rispetto al proprio destino. Seguendo la scia di pensatori come Schopenhauer e Camus, Sgalambro afferma che l’esistenza è priva di significato, una condizione che l’uomo è costretto a vivere, suo malgrado, senza che vi sia una giustificazione o uno scopo ultimo.

La vita è dominata dall’assurdità, e ogni tentativo di trovarvi un senso è destinato al fallimento. Questa presa di coscienza è, secondo Sgalambro, un atto di coraggio che spinge l’individuo a confrontarsi con la propria limitatezza e insignificanza. Tuttavia, questa visione non conduce alla disperazione, ma a una sorta di accettazione stoica che si nutre di lucidità piuttosto che di consolazione. L’uomo, così, è chiamato a vivere con consapevolezza e autenticità, accettando che il mondo non gli riserva nessuna ricompensa e che ogni significato è frutto di una costruzione umana, fragile e illusoria. In “De Mundo Pessimo”, il cielo è una potente metafora attraverso cui Sgalambro indaga il rapporto dell’uomo con l’infinito e il desiderio di trascendere i limiti dell’esistenza terrena. Da sempre il cielo rappresenta per l’uomo un simbolo di speranza e di aspirazione verso qualcosa di superiore; per Sgalambro, però, esso è anche un monito dell’impotenza e dell’insignificanza umana. Il cielo diventa simbolo dell’irraggiungibilità e dell’indifferenza dell’universo, una dimensione lontana che non offre risposte né rassicurazioni. Questa visione si estende anche alla critica della religione e delle sue promesse di redenzione, che per Sgalambro sono semplici illusioni consolatorie. La religione offre una speranza illusoria, distogliendo l’uomo dalla reale consapevolezza della propria finitezza. Il cielo, dunque, non è un luogo di salvezza, ma una rappresentazione dell’abisso, del nulla cosmico che circonda la Terra e pone l’uomo di fronte alla propria fragilità e mortalità.

In questo senso, Sgalambro invita a una forma di accettazione che si confronta con la verità ultima dell’esistenza, senza ricorrere a illusioni rassicuranti. Sgalambro vede nell’apatia un atteggiamento non solo razionale, ma anche liberatorio, un distacco consapevole che nasce dalla comprensione della vacuità dell’esistenza. In un mondo dominato da superficialità e apparenza, l’apatia diventa una forma di difesa e di rifiuto nei confronti delle pressioni sociali. Non si tratta di una semplice indifferenza emotiva, ma di una risposta filosofica che permette all’individuo di liberarsi dalle catene delle aspettative altrui e delle false promesse di realizzazione. In un’epoca in cui l’uomo è costantemente spinto a fare, a produrre, a esistere per ottenere risultati materiali, l’apatia diventa una via per raggiungere una forma di libertà interiore, un distacco che non è sinonimo di vuoto, ma di un’esistenza vissuta con profondità e autenticità. La musica, secondo Sgalambro, è un altro degli inganni attraverso cui la società contemporanea anestetizza la coscienza critica dell’individuo. Lungi dall’essere semplicemente un’arte estetica, essa viene criticata per il suo potere di distrarre l’uomo dalla sua condizione esistenziale. Sgalambro denuncia la musica come un’illusione consolatoria che, in un mondo privo di senso, offre un rifugio temporaneo, allontanando l’uomo dalla realtà della propria condizione. Questo effetto anestetico, pur offrendo momenti di sollievo, diventa un ostacolo per chi cerca una consapevolezza autentica.

La musica popolare contemporanea, in particolare, rappresenta per lui una forma di alienazione che intrappola l’individuo in un ciclo di piaceri effimeri e superficiali, allontanandolo dalla profondità. La sua critica non è diretta contro l’arte musicale in sé, ma contro il ruolo che essa svolge nella società, spingendo alla riflessione sul bisogno di autenticità in un mondo di illusioni.
Manlio Sgalambro rappresenta una voce fuori dal coro, una mente capace di sfidare le convenzioni della società moderna e di rifiutare ogni forma di consolazione facile. Attraverso la sua filosofia, egli invita il lettore a guardare in faccia la verità dell’esistenza, accettando la sofferenza, la mortalità e l’assenza di senso come elementi fondamentali della condizione umana. Sgalambro non propone soluzioni, ma offre una lucidità che, seppur dura, diventa la via verso una forma di serenità autentica, costruita sulla consapevolezza e sull’accettazione.
Con il suo pensiero radicale, Sgalambro esorta l’uomo a rinunciare alle illusioni e a confrontarsi con il mondo nella sua crudezza. La sua eredità intellettuale, più che un insegnamento, è un invito a vivere con integrità e lucidità, accettando che la verità dell’esistenza risiede non nelle speranze o nelle illusioni, ma in una consapevolezza disillusa che abbraccia la realtà senza timore.

*giornalista e scrittrice, membro del Comitato Nazionale per le Celebrazioni del Centenario della nascita di Manlio Sgalambro 


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Stefania Romito

Stefania Romito è giornalista pubblicista e scrittrice.

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