Eleonora Duse e “La donna del mare” di Ibsen – Un trionfo di introspezione e simbolismo
di Stefania Romito*
Tra i momenti più affascinanti della carriera di Eleonora Duse spicca la sua interpretazione di La donna del mare, una delle opere più emblematiche di Henrik Ibsen. Questo incontro tra due giganti delle arti – il drammaturgo norvegese, maestro dell’analisi psicologica, e l’attrice italiana, emblema del teatro moderno – diede vita a una delle rappresentazioni teatrali più memorabili del tardo Ottocento.
Scritta nel 1888, La donna del mare (Fruen fra havet) riflette l’introspezione caratteristica delle opere di Ibsen. Al centro della trama c’è Ellida Wangel, una donna intrappolata in un matrimonio convenzionale e tormentata dall’attrazione per un misterioso straniero legato al suo passato. L’opera esplora temi di libertà, desiderio e identità, temi universali che risuonarono profondamente nel modo di interpretare il teatro della Duse.
Per Eleonora Duse, scegliere di interpretare Ellida Wangel non fu una decisione casuale. L’attrice era nota per il suo profondo impegno nell’esplorare le sfumature emotive e psicologiche dei personaggi che portava sulla scena. L’opera le offriva l’opportunità di incarnare una donna che sfida le convenzioni sociali e lotta per la sua autodeterminazione, temi particolarmente rilevanti in un’epoca in cui il ruolo della donna era ancora rigidamente codificato.
Uno degli elementi più iconici della performance della Duse nel ruolo di Ellida fu la scelta di indossare una semplice coroncina che diventò parte integrante del personaggio. Questo accessorio, scelto personalmente dalla Duse, non era solo un ornamento, ma un simbolo della connessione intima di Ellida con il mare e del suo desiderio di libertà. Un oggetto che rappresentava un richiamo visivo e immediato alla natura selvaggia e irrequieta della protagonista, sottolineandone la dualità: da un lato, una donna vincolata ai doveri quotidiani, dall’altro, un’anima inquieta che aspira a qualcosa di più vasto e profondo, come il mare stesso.
Eleonora Duse si avvicinò a Ellida con la sua consueta intensità emotiva e il rifiuto di ogni artificiosità scenica. La sua recitazione coinvolgente lasciava che il tumulto interiore del personaggio emergesse attraverso piccoli gesti e sguardi penetranti. La stessa Duse sottolineava nei suoi appunti come Ellida fosse profondamente attratta dal simbolo del mare, metafora della libertà e della sua stessa irrequietezza. La coroncina, portata con grazia e leggerezza, sembrava dialogare costantemente con questo tema, incarnando il legame della protagonista con l’acqua, l’infinito e il suo desiderio irrisolto di evasione.

Quando Duse portò La donna del mare sulle scene, il pubblico rimase profondamente colpito non solo dalla sua capacità di rendere Ellida vibrante e umano, ma anche dalla cura maniacale dei dettagli simbolici che raccontavano più di mille parole, traducendo in segno visivo il complesso conflitto interiore della protagonista.
L’interpretazione della Duse di La donna del mare ha lasciato un’impronta indelebile nella storia del teatro. Il suo uso attento di dettagli simbolici ha anticipato molte delle innovazioni simboliste e minimaliste del teatro del Novecento, influenzando generazioni di attori e registi. Per Eleonora Duse, La donna del mare non fu soltanto una pièce da interpretare, ma una profonda esplorazione artistica e personale. Come il mare che attrae e al contempo inquieta Ellida, l’opera rappresentava per l’attrice un viaggio nei meandri più nascosti dell’anima umana. Un viaggio che, ancora oggi, ispira e affascina chiunque incontri l’arte della Duse, il genio di Ibsen e quel simbolico riflesso di mare su una coroncina carica di significato.
*giornalista e scrittrice, curatrice del Progetto Scientifico Internazionale “Duse Centenario”, membro del Comitato Nazionale per le Celebrazioni del Centenario della morte di Eleonora Duse (MiC)