“Gaspare Mastro: La Natura Morta che racconta la Vita”
Grottaglie (Ta) – È una natura morta, quella di Gaspare Mastro, che si mangia con gli occhi, che ha il sapore della bontà, intesa non solo in senso metaforico. Il muscoloso cavolfiore verde, ad esempio, quello che campeggia sul manifesto, è il simbolo di un’epoca nella quale la miseria e la “fame” si coniugavano con la laboriosità del corpo e la fatica di una vita semplice, ma genuina. È una pittura che profuma, quella dell’artista, che ha cioè l’odore delle cose vere e autentiche.
Inaugurata oggi pomeriggio la personale del pittore grottagliese, 69 anni. Per ammirare le ventitré opere basta recarsi in via Giacomo Pignatelli 2, nei pressi della Madonna del Carmine (centro storico di Grottaglie), nella storica galleria del maestro. «Questa volta i paesaggi, gli interni delle abitazioni e gli scorci del centro storico hanno lasciato il posto alle nature morte che non sono “statiche” e fine a se stesse, ma “vivono”», racconta Mastro, «attraverso i prodotti tipici della nostra terra, quelli che riempivano e animavano le nostre tavole e davano la testimonianza di una civiltà contadina che oggi costituisce un patrimonio culturale fondamentale».
La tradizione, inoltre, è rappresentata dai tipici manufatti di argilla (brocche, “minzane”, “sruli”, tazzine e “ciucculatere”) ovvero dalla ceramica d’uso domestico che purtroppo, nelle nostre case, è praticamente scomparsa. «Ci sono, poi, le immancabili tovagliette rustiche e quadrettate, le famose “mappine”, che “vestivano” le parche mense, povere di alimenti, ma certamente ricche di fatica, di tanto sudore e, soprattutto, di tanto amore». Nello sfondo di ogni natura morta ci sono dettagli che non sfuggono ad uno sguardo attento e indagatore: alle pareti sono appesi i quadri devozionali dei santi, le oleografie del Sacro Cuore di Gesù e di Maria, ai quali i grottagliesi si affidavano nelle loro quotidiane preghiere. Compaiono pure le albumine oppure le foto ai sali d’argento, con le immagini dei defunti che ognuno, con orgoglio e riconoscenza, esponeva sulle credenze. Non mancano, infine, i “centrini” che adornavano gli angoli dei comodini dove svettavano come penati, le terrecotte di san Ciro o di san Francesco di Paola.
Nell’ambiente domestico e quasi rurale nel quale sono inquadrate le nature morte spunta una vecchia porta, oppure uno sportello che serviva ad aprire e chiudere un occhio di bue: insomma, siamo di fronte a una pittura epifanica, che risveglia i ricordi e che ha il valore prezioso, davvero enorme, della memoria.
«A distanza di anni la mia tavolozza sta cambiando: le melagrane, il cavolfiore, la ceramica hanno effetti pittorici diversi rispetto alle mie precedenti nature morte. Questo vuol dire che la mia arte continua a evolversi, a modificarsi». Orari di apertura della mostra: 17-20. Festivi: 10-12; 17-20,30. L’ingresso è gratuito. La mostra, che si intitola “Dalla terra”, si concluderà il 21 aprile.
Francesco Occhibianco