Eparina e CoronaVirus di Massimiliano Cinque
Il messaggio che rimbalza da un telefono ad un altro afferma di aver finalmente scoperto l’eccessiva letalità del Covid-19. Affermano che, dopo numerose autopsie, si è giunti alla conclusione che i pazienti vanno in rianimazione per tromboembolia venosa generalizzata, caratterizzata soprattutto a livello polmonare. Di conseguenza mettere a punto una terapia mirata sarebbe molto più semplice, utilizzando il farmaco anticoaugulante più utilizzato, il Clexane. Cioè quel farmaco che viene somministrato tramite punturina sulla pancia.
La realtà è davvero cosi?
Non proprio. Dopo l’iniziar a parlare, nella comunità scientifica, del possibile uso delle eparine a basso peso molecolare, l’Agenzia Italiana del Farmaco ha pubblicato una nota illustrativa su questa classe di farmaci (https://www.aifa.gov.it/documents/20142/1123276/Eparine_Basso_Peso_Molecolare_11.04.2020.pdf/e30686fb-3f5e-32c9-7c5c-951cc40872f7), da dove si evince che l’utilizzo potrebbe essere ammesso – difatti partiranno studi clinici – nell’ultimo stadio dell’infezione, quella più grave, cioè la fase iperinfiammatoria. In più, da qualche giorno su riviste scientifiche vengono pubblicati articoli che parlano delle alterazioni che si hanno al sistema circolatorio. Ad esempio nell’articolo pubblicato in basso, un team cinese ha analizzato circa 550 pazienti giungendo alla conclusione che soltanto pazienti selezionati attraverso specifici parametri fisiologici beneficerebbero della terapia con anticoagulante. Ammettono però che lo studio ha dei limiti per la popolazione presa in esame.
Pertanto non resta che aspettare i risultati delle sperimentazioni cliniche, e non cedere ai facili proclami senza che vi sia un supporto, in termini di pubblicazioni scientifiche, alle spalle.
https://link.springer.com/article/10.1007/s11239-020-02105-8
